Bombe russe per affamare l’Ucraina
Il limite ignoto Terza notte di attacchi al porto di Odessa. Borrell: «Prima Mosca prendeva di mira l’export, ora è passata a distruggere il grano di Kiev»
Il limite ignoto Terza notte di attacchi al porto di Odessa. Borrell: «Prima Mosca prendeva di mira l’export, ora è passata a distruggere il grano di Kiev»
«Ciò che sta accadendo ora è qualcosa di nuovo e doloroso» dice l’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell. «Per la terza notte consecutiva la Russia ha bombardato il porto di Odessa e ha colpito i depositi agroalimentari, ma se finora Mosca aveva deciso di non permettere più le esportazioni di grano ucraino, ora è passata a distruggerlo». Gli alleati di Kiev continuano a parlare di «conseguenze terribili» della decisione di Mosca, ma nessuno menziona il fatto che è l’Ucraina stessa a essere a rischio.
DOPO L’ATTENTATO alla diga di Nova Kakhovka, infatti, almeno 10 mila ettari di terreno sulla riva destra del fiume Dnipro sono stati allagati. In quest’area, come in larga parte dell’Ucraina meridionale, si coltivavano cereali e girasoli, prodotti usati in minima parte per il fabbisogno interno (l’Ucraina prima della guerra aveva circa 40 milioni di abitanti) e che il Paese esportava in tutto il mondo ricavandone una parte consistente dei suoi introiti commerciali. Ora quei campi sono inutilizzabili. Inoltre, i danni ai canali e alle condutture idriche che dalla diga partivano per irrigare i terreni agricoli sono in buona parte danneggiati e, di conseguenza, altre migliaia di ettari sono rimaste senz’acqua. A completare il quadro c’è la scarsità di mezzi, la difficoltà di lavorare la terra con una guerra in corso e la carenza di manodopera. La semina nel sud quest’anno è stata particolarmente scarsa: dati del ministero dell’Agricoltura di Kiev stimano tra il 20 e il 40% in meno rispetto alle annate precedenti. E anche laddove la semina è stata effettuata, non è detto che il raccolto sarà possibile. Dunque restano i prodotti nei depositi, ubicati generalmente nei pressi delle aree commerciali e degli interporti. Ma se questi depositi vengono bombardati ogni giorno, come è successo ieri per l’ennesima volta, la scarsità di materie prime alimentari si fa sempre più reale. Dunque se da un lato è prematuro lanciare allarmi, dall’altro non si può non considerare che se la nuova strategia russa dovesse reiterarsi nel medio termine la società ucraina andrebbe incontro a un impoverimento economico sostanziale e a un aumento dei prezzi dei generi alimentari di base.
Mosca non può non considerarlo e neanche l’Occidente dovrebbe fingere. La guerra si combatte anche mettendo in ginocchio la popolazione civile del nemico e costringendolo a fermarsi.
FORSE la consapevolezza che l’impalcatura di aiuti economici, prima che militari, è solida e sostenuta dalle più forti economie globali rassicura. Ma dopo le bombe sulle infrastrutture energetiche volute dall’ex comandante delle truppe russe in Ucraina, Sergei Surovikin (ora scomparso perché forse sodale della Wagner), i silos distrutti degli ultimi giorni sono un ulteriore aggravamento del contesto sociale locale. Per ora ciò non è accaduto: il mondo intero ha lodato la tempra d’acciaio degli ucraini che hanno resistito alle rinunce imposte dalla guerra. Tuttavia, non si può credere che nei prossimi mesi sarà sempre così e non perché gli ucraini saranno meno coraggiosi, ma semplicemente perché due anni di stenti, con un nuovo inverno da affrontare, non lasciano indenni.
LE DICHIARAZIONI di Borrell al Consiglio degli Affari esteri europei di Bruxelles ben riassumono il contesto bellico attuale. L’attenzione si è spostata quasi completamente dalla controffensiva, che continua a stentare, alle conseguenze internazionali dell’interruzione dell’Accordo sul grano. Odessa è stata bombardata per la terza notte consecutiva insieme a Mykolayiv, altra città presa costantemente di mira. Tra le due città si contano almeno 20 feriti e una vittima e stavolta i numeri diffusi dai portavoce dell’aeronautica non sono confortanti come sempre. Di 38 testate, tra missili da crociera e droni kamikaze lanciati dall’artiglieria russa sul territorio ucraino, solo 18 sono state abbattute dalla contraerea. E sempre l’aeronautica di Kiev ha lanciato l’allarme sul fatto che la controparte possiede ancora centinaia di missili di vario tipo e continua a produrne di nuovi, tecnologicamente più avanzati. Dove sono finite le dichiarazioni sui depositi russi prossimi all’esaurimento rilanciate dalla stampa internazionale per mesi, verrebbe da chiedersi. «Quindi, il nemico spara circa 100 missili di alta precisione e a lungo raggio al mese. Vorrei ricordare ancora una volta che nessuno di questi missili è stato abbattuto perché sono missili balistici» ha sottolineato Yuriy Ignat, portavoce del comando dell’aeronautica ucraina.
Intanto, sostiene il Washington Post, le forze armate ucraine hanno iniziato a utilizzare le bombe a grappolo fornite dagli Usa, «nel tentativo di smantellare le posizioni russe ben fortificate che rallentano la controffensiva».
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