«Ho 31 anni, ma con tutto quello che ho visto finora, morte e violazione continua dei diritti umani, non è mai bastato l’impegno della mia famiglia per ‘normalizzare la mia identità gazawi’. Noi siamo uguali a voi, siamo gente normale. Stiamo disperatamente cercando di dimostrare che siamo tali e quali a voi. Ma sembra quasi impossibile farlo», dichiara Amal Khayal responsabile Ciss a Gaza e moglie di Jacopo Intini, anche lei uscita dalla striscia di Gaza una settimana fa. L’ha detto in occasione della conferenza stampa tenutasi ieri alla Camera dei deputati.

«MIA NONNA mi ha detto che sente le stesse cose che ha provato nel 1948 – continua Khayal – quando è stata cacciata dalla sua casa a Gerusalemme. La differenza tra il ‘48 e oggi è che adesso possiamo vedere tutti quello che sta succedendo a Gaza. Nessuno sta comunque facendo niente. Mi fa quasi ridere parlare delle Nazioni unite. Perché è disgustoso che stiano ferme a guardare».

Ad intervenire alla conferenza stampa di ieri anche Jacopo Intini responsabile Ciss Italia, Giuditta Brattini cooperante di Gazzella onlus, Giovanni Lattanzi dell’esecutivo Aoi, Luisa Morgantini presidente di Assopace Palestina, Alfio Nicotra presidente di Un ponte per, e Laura Boldrini del Pd. Quest’ultima ha chiesto pubblicamente «spiegazioni da parte del governo circa l’astensione dell’Italia dalla risoluzione Onu sul cessate il fuoco», parlando della dubbia democraticità del nostro esecutivo e facendo riferimento anche all’Albania e al fatto che l’accordo siglato dal governo Meloni non passerà dal parlamento. Ha poi sottolineato che: «All’indomani del 7 ottobre abbiamo tutti detto che Israele aveva diritto a difendersi rispettando il diritto internazionale. Adesso siamo di fronte alla totale disattenzione e violazione del diritto umanitario internazionale. Il rispetto dei diritti umani non è un optional, non si ferma ad Israele. Dobbiamo supportare la corte internazionale che vuole indagare sui crimini di Hamas e quelli commessi da Israele».

Ma la politica non si fa solo in aula, e ieri subito dopo la conferenza stampa in piazza del Pantheon, a Roma, diverse associazioni pacifiste, Assopace Palestina, Donne in nero, e Laboratorio ebraico antirazzista hanno organizzato un flash mob.

UN CENTINAIO di persone vestite di nero e con cartelli in cui si chiedeva il cessate il fuoco e la «protezione della popolazione civile» hanno sfilato in mezzo alla piazza piena di turisti, in silenzio. «L’iniziativa è nata per chiedere la fine del massacro a Gaza e delle violenze contro i civili in Cisgiordania, il rilascio immediato degli ostaggi e la fine dell’apartheid contro i palestinesi – ha detto Bruno del Laboratorio ebraico antirazzista (Lea) – Lea ci tiene inoltre a denunciare da un lato l’aumento dell’antisemitismo, dall’altro la strumentalizzazione della destra a fini repressivi e xenofobi. La destra di governo finge di non essere antisemita per lavare la sua storia di antisemitismo fascista e per legittimare il suo razzismo contro migranti e musulmani».