Blinken incontra Netanyahu. Nessuna tregua per Gaza
Davanti agli occhi In Libano e nel nord della Striscia si intensificano le offensive israeliane. Decine gli uccisi. Un raid aereo ha fatto 18 morti a Beirut accanto all’ospedale Rafik Hariri
Davanti agli occhi In Libano e nel nord della Striscia si intensificano le offensive israeliane. Decine gli uccisi. Un raid aereo ha fatto 18 morti a Beirut accanto all’ospedale Rafik Hariri
L’ultimo tentativo di arrivare a una tregua in Medio oriente prima delle presidenziali americane. I media israeliani descrivono così l’11esima missione nella regione del Segretario di Stato Blinken giunto ieri in Israele dove ha incontrato il premier Netanyahu. Nella sua agenda ci sono l’attacco che Israele sta per lanciare all’Iran, dopo quello di Teheran dello scorso 1° ottobre, e il futuro di Gaza quando terminerà, e nessuno può prevedere quando, l’offensiva israeliana che la sta radendo al suolo.
Dall’incontro tra Blinken e Netanyahu non è emerso un granché per un cessate il fuoco a Gaza. Va a gonfie vele invece la cooperazione Usa-Israele riguardo il Libano e l’Iran. Washington è pronta a difendere e ad assistere Tel Aviv se lo scontro con Teheran precipiterà verso una escalation regionale. Dopo mesi di contrasti, veri e apparenti, con Netanyahu su Gaza, Joe Biden ora fiancheggia la strategia israeliana per il «problema Hezbollah/Iran». Lo dice la missione parallela a quella di Blinken dell’inviato Usa Amos Hochstein in Libano volta, prima di ogni altra cosa, a cambiare il mandato dell’Unifil, il contingente di caschi blu al confine tra Libano e Israele. Secondo la stampa libanese, Hochstein che ha discusso con il presidente del parlamento Nabih Berri della applicazione della risoluzione 1701, si è fatto portavoce delle condizioni fissate da Israele per mettere fine alla sua offensiva nel paese dei cedri. Il fine è tenere i combattenti di Hezbollah al fiume Litani, a distanza dal confine, dare a Israele un’ampia libertà di «azione» in Libano e trasformare in una sorta di forza di polizia l’Unifil che, per Israele e Usa, dovrebbe avere l’autorità di perquisire case, veicoli e avamposti sospettati di contenere armi. In quel caso anche i 1200 caschi blu italiani dell’Unifil dovranno essere pronti a usare le armi, un ruolo ben lontano dalla «forza di pace» di cui parlava ieri il ministro degli Esteri Tajani al G7 di Pescara.
Per ora in Libano vige la «Dottrina Gaza» di Israele che considera anche gli ospedali roccaforti e depositi di Hezbollah. Come l’ospedale Sahel di Beirut, ieri aperto alle verifiche dei giornalisti dopo che il portavoce militare israeliano ha detto che sotto di esso si troverebbe un bunker usato da Hezbollah per nascondere mezzo miliardo di dollari in contante e oro. Qualcosa di simile accadde quasi un anno fa con l’ospedale Shifa di Gaza city, sotto il quale si sarebbe trovato un «complesso centro di comando» a più piani di Hamas. Ma ieri si parlava di un altro ospedale di Beirut, il Rafik Hariri, il più importante del Libano. Lunedì sera, una bomba ad alto potenziale sganciata da un aereo israeliano a breve distanza dall’ospedale, ha ucciso almeno 18 libanesi, tra i quali quattro minori, tutti membri delle famiglie Mokdad e Bazzi. L’aviazione israeliana ha poi attaccato Teffahta, Hosh, Nabatieh, Maaroub, Shamaa e altre località nel sud del Libano uccidendo 63 persone in 24 ore. Hezbollah ha risposto lanciando razzi verso Haifa e l’Alta Galilea e contro soldati israeliani. Un riservista è stato ucciso. Il movimento sciita ha ribadito che non ci saranno negoziati fino a quando Israele non cesserà la sua offensiva militare. E ha rivendicato la responsabilità esclusiva dell’attacco con un drone alla residenza di Netanyahu a Cesarea. Ieri sono state diffuse le foto dell’attacco del velivolo alla stanza da letto del premier e della moglie Sarah che in quel momento non erano in casa.
Il nord di Gaza resta un inferno di fuoco, esplosioni e distruzioni per i civili. A descriverlo è stato ieri il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, che ha anche lanciato su X un SOS per lo staff della sua agenzia. «Le persone che tentano di fuggire vengono uccise e i loro corpi restano abbandonati in strada…I rifugi dell’Unrwa sono così sovraffollati che alcuni sfollati sono costretti a vivere nei bagni…Il personale dell’Unrwa non riesce a trovare cibo, acqua o assistenza medica», si legge nel post. «L’odore della morte è ovunque mentre i corpi vengono abbandonati sulle strade o sotto le macerie – prosegue – Le missioni per rimuovere i corpi o fornire assistenza umanitaria vengono negate. Nel nord di Gaza, le persone aspettano solo di morire».
Le autorità sanitarie locali e le organizzazioni internazionali affermano che l’esercito israeliano impedisce a rifornimenti e soccorsi essenziali di raggiungere i civili a Jabaliya. Proseguono gli arresti di decine di uomini nei rifugi e alle donne viene intimato di abbandonare subito il campo profughi. Ieri mattina i carri armati si sono posizionati a ridosso di Beit Lahiya e i droni hanno lanciato volantini in cui chiedono agli abitanti di dirigersi subito a sud. I medici dell’ospedale Indonesiano hanno riferito che i soldati israeliani hanno fatto irruzione in una scuola vicina, in cui hanno effettuato arresti, poi hanno dato fuoco all’edificio. Ciò porta a tre il numero delle scuole date alle fiamme negli ultimi due giorni. Dall’ottobre 2023 a Gaza sono state distrutte da bombardamenti e attacchi più di 120 scuole e sedi di università.
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