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Blackbird, il ritorno dei diritti civili all’epoca del ministro Valditara

1957, Arkansas, the Little Rock Nine scortati dalla guardia nazionale per entrare a scuola foto Gettyimage1957, Arkansas, the Little Rock Nine scortati dalla guardia nazionale per entrare a scuola – foto Gettyimage

Musica e diritti civili Nel suo nuovo disco, Beyoncé riporta a casa la canzone scritta da Paul McCartney per la storia dei Little Rock Nine. Quando la notte è scura, bisogna tornare ai Beatles

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 31 marzo 2024

Quando la notte è scura bisogna sempre tornare ai Beatles. Come Beyoncé, che canta Blackbird di Paul McCartney nel nuovo album Cowboy Carter in un bell’arrangiamento corale, e riporta a casa una canzone nata in sostegno ai diritti civili nell’America anni ’60.

Per prima la storia dei Little Rock Nine, i nove ragazzi e ragazze neri che soltanto con l’intervento dell’esercito riuscirono a entrare nel primo liceo desegregato di Little Rock, Arkansas, mentre il governatore aveva schierato la sua guardia nazionale per impedirlo. Era il 1957. Da questa parte dell’altro secolo ci balocchiamo coi tweet goffi del ministro Valditara, con certe parodie segregazioniste accolte nei talk show come fosse tutto normale; quelle immagini in bianco e nero sono ancora sconvolgenti nella loro trattenuta ferocia. I ragazzi e le ragazze non mai hanno colpa di niente, a Little Rock come a Pioltello.

La volta che andò a suonare a Little Rock nel 2016 Paul McCartney ricordò di quando aveva letto su un giornale quella notizia. «Per me qui è dove la lotta è cominciata», raccontò, e dopo quasi sessant’anni poté incontrare due delle ragazze entrate in classe, Thelma Mothershed e Elizabeth Eckford. Dedicò a loro di persona la canzone che aveva scritto perché «se fosse arrivata laggiù avrebbe potuto aiutarle un poco». Merlo nero che canti nella notte/ riprendi le tue ali spezzate e impara a volare, dice il testo. Nella registrazione sull’Album Bianco è aggiunto il suono degli uccellini che il musicista aveva registrato nel giardino di casa all’alba. Il risveglio, la fragilità, la bellezza, proprio come certi usignoli e allodole nei lieder di Schubert.

In realtà, i tempi di composizione di Blackbird non sono così precisi. Come sempre quando si tratta di Beatles ci sono voci e storielle, come quella che la canzone fu scritta per una nonna acquisita che non era stata troppo bene. Niente di male, anzi. Probabilmente McCartney se l’era portata dietro per anni quell’idea. Di ritorno dall’India nel 1968 e subito dopo l’uccisione di Martin Luther King, riprese l’immagine delle ali spezzate nella notte più nera, che sembrava così adatta al momento. Il verso successivo dice: Per tutta la vita/ hai aspettato questo momento per risorgere. La traduzione pasquale non stupisca, nei significati di arise c’è qualcosa di collettivo e pure di spirituale. Arise, in fondo, è un altro sinonimo di woke, perché no. Quando Beyoncé e il coro arrivano al verso sul momento di rialzarti, l’arrangiamento ha un sussulto polifonico, per sottolineare tutta l’importanza di quella parola.

Non è tutto. Il segreto più importante della canzone McCartney lo svelò a Diana Ross, che rimase senza parole. Nel gergo popolare e spiccio, bird è una ragazza. Black bird perciò è una ragazza nera, forse una delle ragazzine di Little Rock: «Volevo incoraggiarla – spiegò ancora il cantante – a continuare a provarci, a non perdere la fiducia, c’è ancora una speranza». Del resto, l’accompagnamento di chitarra è rubato con poche modifiche alle Bourree di Bach che lui e George Harrison suonavano alla chitarra per far colpo sulle amiche.

Rob Sheffield di Rolling Stone ha ricordato in un lungo pezzo l’altro giorno la lunga strada di Blackbird fino a noi, la grande intensità assunta nelle interpretazioni di molti performer neri: la versioni reggae dei Pioneers, la stranezza disco-funky di Sarah Vaughan, il piano di Ramsey Lewis, quella straziante di Betty LaVette, quella disco-gospel di Sylvester, la diva di You make me feel. Come se ognuna contenesse l’altra, fino a Beyoncè che le riassume tutte, perché c’è sempre un presente nella storia e le canzoni servono a ricordarlo. Come disse McCartney con tutta la semplicità possibile: «L’uccellino è simbolico, puoi applicarlo a ognuno dei tuoi problemi».

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