Appesi ai paracadute sganciati dall’aviazione egiziana, pacchi con dieci tonnellate di generi di prima necessità ieri hanno raggiunto la popolazione di Gaza. Una goccia nel mare del bisogno, eppure importante, soprattutto nel nord della Striscia dove i 200-300mila civili che non sono sfollati soffrono la fame. Non si può invece paracadutare il cessate il fuoco che la popolazione di Gaza aspetta da quasi cinque mesi. L’offensiva israeliana prosegue, specie nel sud, e i comandi militari riferiscono di nuovi «successi» nella zona ovest di Khan Yunis: decine di combattenti di Hamas uccisi o catturati, nascondigli di armi scoperti, tunnel individuati e distrutti. Dal portavoce militare israeliano non giungono notizie dei civili palestinesi uccisi tra lunedì notte e ieri mattina in bombardamenti aerei e per le cannonate delle navi da guerra su Gaza city e Rafah. Due bambini curati all’ospedale Kamal Adwan sono morti per disidratazione, denunciava ieri il ministero della sanità di Gaza. 96 palestinesi sono stati uccisi in 24 ore, dal 7 ottobre 29.878.  Altre quattro palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania: tre, armati, durante un raid dell’esercito nel campo profughi di Faraa (Nablus) e un altro a un posto di blocco nei pressi di Betlemme.

Video: gli aiuti egiziani lanciati con i paracadute

Il portavoce militare israeliano non commenta neppure la denuncia di Ocha, il coordinamento umanitario dell’Onu, su quanto accaduto il 25 febbraio. Quel giorno la Mezzaluna Rossa, con l’aiuto delle Nazioni unite, ha evacuato 24 pazienti dall’ospedale Al Amal di Khan Yunis, tra cui una donna incinta e una madre con un neonato. Nonostante il preventivo coordinamento con l’esercito, le truppe israeliane hanno bloccato il convoglio guidato dall’Oms per sette ore, hanno intimato a pazienti e personale medico di scendere dalle ambulanze e costretto a spogliarsi tutti i paramedici, tre dei quali sono stati arrestati. «Questo non è un incidente isolato – avverte Ocha – i convogli umanitari sono presi di mira e viene loro sistematicamente negato l’accesso alle persone bisognose».

I media locali e internazionali intanto battono sulla «pausa umanitaria» che si sta negoziando in Qatar, a maggior ragione dopo che il presidente Usa Joe Biden ha affermato, in un’intervista, che in meno di una settimana potrebbe essere raggiunto un accordo di cessate il fuoco e che Israele ha accettato di non proseguire le sue operazioni militari durante il Ramadan, che comincia il 10 marzo. «C’è un accordo con gli israeliani secondo cui non si impegneranno in attività anche durante il Ramadan, per darci il tempo di liberare tutti gli ostaggi», ha detto Biden al programma «Late Night with Seth» della Nbc. Già lunedì Biden si era espresso ottimismo: «Il mio consigliere per la Sicurezza nazionale mi dice che sono vicini. Non hanno ancora finito. La mia speranza è che entro lunedì prossimo avremo la tregua (solo temporanea, ndr)».

Il presidente Usa forse ha ricevuto informazioni dal tavolo del negoziato in Qatar che avvalorano il suo ottimismo. Le parti coinvolte però non si sono unite al suo tono positivo. Proprio il Qatar, il principale mediatore, ha precisato ieri che la svolta non c’è ancora. «Non abbiamo un accordo definitivo su nessuna delle questioni che stanno ostacolando il raggiungimento di un accordo. Restiamo fiduciosi, non necessariamente ottimisti, di poter annunciare qualcosa oggi o domani», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri qatariota Majed Al Ansari. Da parte sua Hamas ha detto alla Reuters che sono premature le dichiarazioni del presidente. «Ci sono ancora grandi lacune da colmare. Le questioni primarie del cessate il fuoco e del ritiro delle forze israeliane (da Gaza) non sono chiaramente indicate il che ritarda il raggiungimento di un accordo», ha spiegato un rappresentante del movimento islamico. Il governo Netanyahu non ha commentato le osservazioni di Biden. Funzionari anonimi citati dai media israeliani hanno detto di essere stati colti di sorpresa. Netanyahu da parte sua ha replicato ad altre affermazioni fatte dalla Casa Bianca secondo cui Israele deve arrivare a un accordo di pace con i palestinesi per sopravvivere e che il suo «governo incredibilmente conservatore» potrebbe costargli il sostegno internazionale. Biden ha puntato il dito contro il ministro israeliano della Sicurezza e leader dell’estrema destra Itamar Ben Gvir. «Abbiamo un sostegno significativo», ha reagito il premier israeliano in un video diffuso in serata, citando un sondaggio pubblicato lunedì secondo il quale l’82% dei cittadini statunitensi sostiene Israele. «Questo ci dà un’altra fonte di forza per continuare la nostra guerra contro Hamas fino alla vittoria totale».

Di sicuro al momento c’è solo che Hamas sta ora valutando una proposta di cessate il fuoco che sospenderebbe l’offensiva israeliana per 40 giorni e porterebbe alla scarcerazione di 400 prigionieri palestinesi. In cambio Israele otterrebbe la liberazione di 35 civili e cinque soldate in ostaggio a Gaza. Proposta che non soddisfa la principale richiesta di Hamas di un percorso chiaro verso la fine definitiva della guerra e il ritiro israeliano da Gaza.