«Il candidato sono io e a decidere sarete voi», così ha detto Biden dal palco del comizio che ha fatto a Detroit, Michigan, dove ha pronunciato un discorso infuocato, ribadendo «correrò e vincerò, vi garantisco che sto bene, abbiamo del lavoro da finire». A queste parole dal pubblico si è alzato il coro di ordinanza: «altri 4 anni». Giudicando soltanto dagli oltre 2mila spettatori che sono accorsi alla Renaissance High School di Detroit, si potrebbe dire chela campagna Biden goda di ottima salute e non ha un problema al mondo.

In realtà fuori dal comizio in Michigan gli attacchi verso Biden non si sono placati e di ciò il presidente è consapevole. Ha anche ben chiaro a chi attribuire le colpe. «La stampa mi ha attaccato in tutti questi giorni – ha detto Biden puntando il dito verso i media – perché sbaglio qualche nome, a Trump invece le fanno passare tutte, anche quella di non ricordare che il tycoon ha scambiato Nancy Pelosi per Nikki Haley».

DOPO QUESTO ATTACCO ai mezzi d’informazione Biden è passato a rivolgersi alla sua base e si è definito il presidente più pro-sindacati della storia statunitense. Questa affermazione ha un valore importante perché fatta a Detroit, città industriale legata al mondo dell’auto, dove hanno sede le tre principali case automobilistiche Usa, i cui lavoratori sono fortemente sindacalizzati. Il presidente si è rivolto soprattutto agli operai e all’Uaw, United Automobile Workers, il potente sindacato del settore automobilistico che è stato fondamentale alle scorse elezioni.

Dopo essersela presa con i media Biden è passato ad attaccare Trump e la sua agenda politica di estrema destra, il famigerato Project 2025, un programma per il futuro degli Stati uniti messo a punto da un think tank sotto forma di manuale per la ricostruzione del Paese, in modo da traghettarlo dal nocivo governo liberale a un’America conservatrice. Si parte rieleggendo Trump. «Ne avete sentito parlare? – ha detto Biden – È il progetto per il secondo mandato di Trump che ogni americano dovrebbe leggere e comprendere».

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DAL CANTO SUO TRUMP, sul suo sito di social media Truth Social, ha dichiarato di non sapere nulla di questo Progetto 2025: «Non ho idea di chi ci sia dietro – ha scritto – Non sono d’accordo con alcune delle cose che dicono, che sono assolutamente ridicole e abissali. Non ho idea di chi ne sia responsabile e a differenza della nostra piattaforma repubblicana molto ben accolta, non ho nulla a che fare con esso. I democratici della sinistra radicale, tuttavia, si stanno divertendo molto, cercando di agganciarmi a qualunque politica venga dichiarata o detta».

In realtà Trump conosce almeno alcuni degli ideatori di questo progetto, visto che sono stati suoi consiglieri. Nel think tank Heritage Foundation spiccano i nomi di Paul Dans, che era capo dello staff presso l’ufficio per la gestione del personale durante la sua presidenza, e Russell Vought, un altro ex funzionario della sua amministrazione, che ora ricopre il ruolo di direttore della politica della piattaforma 2024 del Comitato Nazionale Repubblicano.

PER BIDEN CIÒ che il tycoon sta facendo è cercare di abbandonare il piano «proprio come sta cercando di prendere le distanze dal ribaltamento di Roe vs. Wade perché sa quanto sia tossico. Ma non permetteremo che ciò accada». Il modo per non permetterlo è quello di votare per lui e a Detroit Biden è sembrato rinvigorito. La sua strategia sembra essere quella di voler spostare l’attenzione dalla sua età alla pericolosità di Trump.

Anche alcuni democratici stanno abbracciando una posizione simile e aspettano la convention repubblicana che si aprirà domani a Milwaukee durante la quale Trump annuncerà il nome del suo vice, nella speranza che gli eventi in casa Gop spostino l’attenzione della nazione sulle vulnerabilità del partito repubblicano, incluse le dichiarazioni errate di Trump e i suoi discorsi spesso sconclusionati.

BIDEN HA PASSATO il giorno dopo il comizio continuando a sollecitare i democratici a sostenere i suoi sforzi di rielezione, mentre la vicepresidente Kamala Harris ha tenuto un Town hall a Filadelfia, in mezzo alle continue richieste dei compagni di partito che chiedono al presidente di abbandonare la corsa.