Non è la richiesta di un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza che molti sollecitano, ma l’ultima dichiarazione di Biden è la cosa che più le si avvicina fino ad ora. «Continuare la guerra è dare ad Hamas ciò che vuole – ha scritto Biden su X – Continuare sulla strada del terrore, della violenza, degli omicidi e della guerra significa dare a Hamas ciò che cerca. Non possiamo farlo. Hamas ha scatenato un attacco terroristico perché non teme altro che israeliani e palestinesi vivano fianco a fianco in pace».

QUESTO MESSAGGIO, che sembra evidenziare che qualcosa nella posizione degli Usa sta cambiando, arriva poche ore dopo la pubblicazione dei risultati di un sondaggio condotto dall’Arab American Institute in cui si vede un calo drastico dell’appoggio a Biden da parte degli elettori arabo-americani. Nelle elezioni del 2020 circa il 59% di loro aveva sostenuto il candidato democratico, ma dal 7 ottobre questo sostegno è andato sgretolandosi. «A meno che Biden non si trasformi in Gesù Cristo e non riporti in vita alcuni palestinesi, non lo supporteremo», ha affermato Osama Siblani, editore di The Arab American News, il più grande e antico giornale arabo-americano in Usa con sede in Michigan, uno degli stati chiave per la vittoria alle elezioni presidenziali. Nel 2020 In Michigan Biden aveva vinto per 154.000 voti, e la popolazione arabo-americana dello stato è di almeno 278.000 persone.

LA VITTORIA in Arizona é stata ancora più risicata, 10.500 voti, e si stima che la popolazione arabo-americana in quello stato sia di almeno 55.000 persone. La Georgia è stata conquistata con 11.800 voti, e la popolazione di origine araba è di circa 57.000. Se in questi tre Stati Biden dovesse perdere anche solo una piccola parte del voto arabo e musulmano potrebbe trovarsi in acque molto brutte.

Sulla crisi in Medio Oriente, inoltre, si è nuovamente riunito ieri a New York il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. La presidenza di turno spettava alla Cina: il ministro degli Esteri Wang Yi ha dato la parola per primo al Segretario generale António Guterres che ha dovuto affrontare una questione spinosa che continua a montare: le violenze sessuali subite dalle donne israeliane durante l’attacco di Hamas che, secondo molte voci nella comunità ebraica, non sono state affrontate con la severità che meriterebbero. «È necessario indagare con rigore sui numerosi casi di stupro durante gli attacchi – ha dichiarato Guterres – La violenza di genere deve essere condannata. In qualsiasi momento. Ovunque». La campagna e l’hashtag #MeTooUnlessUrAJew, MeToo a meno che tu non sia ebrea, é stato creato dalla direttrice creativa Liron Kroll in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, e si va ad unire alle critiche del Consiglio nazionale delle donne ebree in risposta alla dichiarazione di UN Women rilasciata sabato 25 novembre: «Il Consiglio ammira da tempo le donne delle Nazioni unite per la loro posizione morale quando le donne di tutto il mondo vengono danneggiate. Purtroppo, questa voce sembra intenzionalmente assente per le donne israeliane che hanno subito crimini di guerra basati sul genere, un silenzio inconcepibile che richiede una rettifica immediata».

A loro, ma con un attacco più ampio, si è unito l’ambasciatore israeliano all’Onu Gilad Erdan nel corso del suo intervento alla riunione del Consiglio di sicurezza: «È scioccante la mancata condanna di Hamas da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu». «E incredibilmente, due mesi dopo, i crimini selvaggi di Hamas non sono ancora stati condannati dal Consiglio né da qualsiasi altro organismo delle Nazioni unite».

PER IL MINISTRO degli Esteri palestinese Riyad Al-Maliki «la tregua deve diventare un cessate il fuoco permanente. Il massacro non può riprendere, questa non è una guerra, è una carneficina che nessuno può giustificare, e deve finire». «Chiunque non sia ancora sicuro di essere contrario a ciò che sta accadendo, dovrebbe verificare la propria umanità». «Israele non cerca giustizia, perché altrimenti vorrebbe la pace».