Si è preso un rimbrotto per la riforma giudiziaria che «minaccia la democrazia israeliana». Ha ascoltato l’esortazione a lasciare qualche pezzo di Cisgiordania ai palestinesi in nome della normalizzazione delle relazioni tra Israele e l’Arabia saudita. E si è sorbito una predica sulla soluzione a Due Stati, Israele e Palestina, che piacerebbe ancora agli Stati uniti ma non fanno nulla per favorirla in concreto. Alla fine Benyamin Netanyahu dall’incontro con il presidente Joe Biden, a margine dei lavori dell’Assemblea generale dell’Onu, ha ottenuto ciò che voleva: l’invito alla Casa Bianca che, dopo quasi un anno dalla sua vittoria elettorale, non aveva ancora ricevuto per le perplessità dell’Amministrazione Usa sul suo governo di estrema destra. «Spero ci vedremo qui a Washington entro la fine dell’anno», ha detto Biden al premier israeliano sorridente. Netanyahu sa che quell’invito ha sdoganato il suo esecutivo dominato da partiti che persino tanti israeliani etichettano come «fascisti».

D’altronde il primo ministro a scopo deterrente prima dell’incontro aveva scagliato contro gli Usa un suo fedelissimo, l’ambasciatore all’Onu Gilad Erdan. «Gli americani hanno sbagliato a non aver tenuto l’incontro tra Netanyahu e Biden fino ad oggi…Riceviamo critiche esagerate da loro, a volte mi sveglio la mattina e aspetto di ricevere lezioni educative dal Dipartimento di Stato», ha tuonato Erdan in un’intervista alla Radio dell’esercito. E il successo di Netanyahu al Palazzo di Vetro è stato reso ancora più limpido dall’incontro del premier con il presidente turco Erdogan, fino a qualche anno fa un leone pronto a scagliarsi contro le politiche di Israele divenuto ora un docile gattino pronto a rafforzare la cooperazione tra Ankara e Tel Aviv.

La riunione dell’Assemblea generale dell’Onu vedrà anche quest’anno il rituale dello scambio di accuse tra israeliani e palestinesi. Ma tra i palestinesi non c’è attesa per il discorso che pronuncerà oggi il presidente dell’Anp Abu Mazen che si prevede simile a quello degli anni passati, quindi poco efficace. A migliaia di chilometri di distanza, nei Territori occupati della Cisgiordania e Gaza lontani dal Palazzo di Vetro e i suoi buoni propositi, c’è la quotidiana realtà palestinese. Tra martedì e ieri mattina sei giovani sono stati uccisi a Jenin, Gerico e Gaza, e decine feriti, dal fuoco dei soldati israeliani. Mahmoud as-Saadi, 23 anni, Mahmoud Ararawi, 24 anni, Raafat Khamaiseh, 22 anni, e Atta Musa, 29 anni, tutti combattenti di varie formazioni, sono stati colpiti a morte martedì sera nel campo profughi di Jenin nell’incursione israeliana più sanguinosa dopo quella del 3 e 4 luglio in cui morirono 12 palestinesi e un soldato. I combattenti palestinesi hanno risposto all’incursione con un intenso fuoco di sbarramento e hanno piazzato una bomba sul ciglio di una strada danneggiando gravemente una camionetta blindata. Non ci sono stati feriti tra i soldati israeliani. Qualche ora prima era stato ucciso un palestinese di 25 anni, Yusef Radwan, durante una manifestazione di protesta lungo le linee tra Gaza e Israele. Quindi ieri mattina un 19enne, Durgam Al Akhras, è stato ucciso nel campo profughi di Aqabat Jabr (Gerico) durante l’arresto di due giovani.

L’esercito ha comunicato di aver utilizzato anche i droni killer contro i palestinesi armati a Jenin. Cresce perciò l’impiego di armi sempre più sofisticate e letali nei centri abitati palestinesi. Ieri il portale d’informazione israeliano Walla anticipava alcuni dei punti del piano pluriennale delle forze armate e di sicurezza che sarà illustrato presto dal capo di stato maggiore Hertzi Halevi. Includerà il posizionamento di un sistema di raggi laser Magan Or su Gaza nel 2025 e alla frontiera del Libano entro il 2027, il potenziamento delle basi militari, l’acquisto di altre decine di aerei da combattimento, all’allestimento di campi di addestramento pre-militare che aumenterebbero secondo i comandi militari la resilienza dei soldati e la motivazione al servizio militare. Infine, è previsto un ampio investimento sull’intelligenza artificiale che interesserà decine di checkpoint e barriere in modo da ridurre il più possibile i contatti umani.