Sarà un forum ristretto, informale e consultivo a prendere posto del gabinetto di guerra sciolto domenica sera da Benyamin Netanyahu a una settimana esatta della decisione presa dall’ex capo di stato maggiore Benny Gantz e dal suo partito centrista (Unione nazionale) di non farne più parte. Vi rientreranno, oltre al ministro della Difesa Yoav Gallant, alcuni stretti collaboratori e alleati del premier come Ron Dermer, ministro degli affari strategici; Arye Deri, leader del partito religioso ortodosso Shas; e il consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi. Si realizza così la previsione di coloro che avevano visto nel passo all’indietro di Gantz un vantaggio per Netanyahu che ora ha le mani più libere e, fatta eccezione per il «polemico» Gallant, avrà intorno a lui solo facce amiche. Gantz era l’uomo dell’Amministrazione Biden all’interno del gabinetto di guerra.

Inoltre, Netanyahu si è liberato di un rivale politico che nei mesi scorsi – assieme a Gallant – era diventato un punto di riferimento nell’esecutivo per i vertici militari, insofferenti per alcune scelte e decisioni del premier, dettate da interessi personali e di parte. Non si sono ancora spente le polemiche divampate domenica quando il premier ha condannato il comando meridionale delle Forze armate per aver annunciato, senza il suo consenso, «pause tattiche» quotidiane, dalle 8 alle 19, tra il valico di Kerem Shalom e la Salah Edin Road per favorire, ufficialmente, la consegna di aiuti umanitari nel sud di Gaza. «Abbiamo uno Stato con un esercito, non un esercito con uno Stato», ha avvertito il premier.

«Non esiste più un gabinetto di guerra», ha detto il premier domenica sera alla riunione dell’esecutivo di sicurezza. «Era nell’accordo di coalizione con Gantz, su sua richiesta. Nel momento in cui Gantz se ne è andato, non è più esistito un forum del genere», ha aggiunto. Secondo Netanyahu, il primo ministro si consulterà con più parti e non è necessario istituire un altro gabinetto ristretto. In altre parole, non ci sarà il forum dei leader dei partiti della coalizione che avevano chiesto Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, i ministri e leader dell’ultradestra. Ben Gvir, peraltro, si era candidato a sostituire Gantz. Netanyahu, sciogliendo il gabinetto di guerra, ha spento le sue ambizioni. Con Ben Gvir in quell’esecutivo, Netanyahu avrebbe avuto ulteriori problemi di rapporti con gli Usa.

L’interrogativo di molti è se dopo lo scioglimento del gabinetto di guerra, Netanyahu adotterà strategie militari persino più aggressive di quelle che abbiamo visto nei passati otto mesi, con gli effetti devastanti per Gaza e la sua popolazione. Interrogativo reso ancora più rilevante dall’aggravarsi della situazione al confine con il Libano dove la guerra di attrito con Hezbollah si intensifica giorno dopo giorno. Israele, non è un segreto, è pronto a lanciare una offensiva di terra anche in Libano del sud e ad occupare con le sue truppe il paese dei cedri almeno fino al fiume Litani. Hezbollah ripete che interromperà i lanci di razzi e droni verso l’Alta Galilea solo quanto Israele cesserà l’offensiva contro i palestinesi a Gaza. Gantz, sostengono alcuni, avrebbe svolto un ruolo cruciale impedendo l’apertura di un secondo fronte di guerra in Libano e dando tempo alla mediazione di Usa e Francia a Beirut. Ieri Netanyahu ha incontrato l’inviato americano Amos Hockstein che un anno e mezzo fa ha mediato l’accordo tra Israele e Libano (di fatto con Hezbollah) sullo sfruttamento dei giacimenti sottomarini di gas al confine tra i due paesi.

«Con ogni probabilità Netanyahu non abbandonerà la linea (al nord) sostenuta da Gantz ma la situazione è in continua evoluzione e per Israele il tempo è scaduto» dice al manifesto l’analista Eytan Gilboa «Netanyahu sa che gli Usa non vogliono una guerra in Libano che rischierebbe di coinvolgere nel conflitto l’Iran e altri attori regionali, ma crescono le pressioni delle decine di migliaia di sfollati israeliani dall’Alta Galilea che vogliono tornare a casa». Secondo un sondaggio diffuso ieri, il 36% degli israeliani chiede un attacco totale in Libano il prima possibile, il 26% auspica una guerra al nord una volta terminata quella a Gaza e solo il 30% preferirebbe una soluzione diplomatica. Con il 62% degli israeliani favorevoli all’attacco totale a Hezbollah, lo scioglimento del gabinetto di guerra e la maggiore libertà di azione di Netanyahu potrebbero aprire la strada alla nuova offensiva militare israeliana.

Eytan Gilboa ritiene che la posizione di Netanyahu si stia consolidando a livello politico a danno di Gantz che, uscendo dal gabinetto di guerra, ha perduto consensi. «Deve però guardarsi da altri temibili avversari, di destra» afferma l’analista «i sondaggi dicono che se l’ex premier Naftali Bennet unirà le forze con Yisrael Beiteinu di Avigdor Lieberman, il partito Nuova Speranza di Gideon Saar e, pare, l’ex capo del Mossad Yossi Cohen, potrebbe ottenere alle prossime elezioni i voti necessari per cacciare via Netanyahu e il suo partito Likud». Senza dimenticare le proteste nelle strade contro il primo ministro – ieri sono cominciate manifestazioni che andranno avanti per giorni – che vedono le famiglie degli ostaggi israeliani a Gaza coalizzate con i tanti che chiedono elezioni anticipate.