Internazionale

Bibi licenzia Gallant. Altre epurazioni in vista

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant durante una conferenza stampa a Tel AvivIl primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant durante una conferenza stampa a Tel Aviv – Abir Sultan /Ap

Israele A urne aperte negli Usa, Netanyahu caccia il rivale amato da Biden e chiama il super falco Katz. Considerato un moderato, definì i palestinesi «bestie umane». E l’Aja lo vuole incriminare

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 6 novembre 2024

I primi manifestanti, qualche centinaio, sono scesi in piazza a Gerusalemme e a Tel Aviv un’ora dopo il licenziamento di Yoav Gallant da ministro della difesa. Ne sono seguiti altri, un migliaio intorno alla residenza gerusalemita del primo ministro Netanyahu, altrettanti intorno al quartier generale dell’esercito a Tel Aviv, e poi ad Haifa e Beer Sheva.

Era successo lo stesso un anno e mezzo fa: marzo 2023, il primo ministro Netanyahu aveva deciso di cacciare lo scomodo rivale. Fu costretto a tornare sui suoi passi: erano i mesi caldi delle proteste contro la riforma della giustizia che rendeva la magistratura docile strumento nelle mani dell’esecutivo.

UN SECOLO FA. Gallant è rimasto al suo posto e ha passato gli ultimi tredici mesi al fianco del premier, da complice in genocidio plausibile (su di lui pesa la richiesta di mandato d’arresto della procura della Corte internazionale di Giustizia per crimini di guerra) e da antico rivale.

Considerato a Occidente un moderato, l’ex generale è difficilmente definibile tale: nel 2008-2009 guidò, alla testa del Comando meridionale, la prima devastante operazione, «Piombo fuso», contro Gaza per la quale fu accusato dal Rapporto Goldstone di terrorismo contro una popolazione civile.

All’orizzonte di Gaza è riapparso tredici mesi fa: il 9 ottobre 2023 ha ordinato «l’assedio completo (della Striscia): non ci sarà elettricità, né cibo, né benzina…Stiamo combattendo animali umani e ci comporteremo di conseguenza».

Alla fine Netanyahu è riuscito a liberarsene, consegnandogli a mano una lettera, nelle ore dei seggi aperti negli Stati uniti, principale sponsor dell’ex ministro: le sue visite a Washington non sono mai andate giù al premier che poche settimane fa gli ha ordinato di non partire, avrebbe deciso lui quando farlo imbarcare. Dopotutto, cacciando Gallant, membro del suo stesso partito, il Likud, la coalizione di maggioranza non è in pericolo.

Cacciarlo mentre oltreoceano si sceglie il nuovo presidente Usa, non appare casuale. Biden ha fatto grande affidamento su Gallant, che da mesi si scontra – pubblicamente e dietro le quinte – con Bibi sul modo di condurre la guerra (ieri lo stesso premier ha citato «distanze significative su come condurre la battaglia» e assenza di fiducia): non troppo entusiasta di allargarla, ha smontato la narrazione di Netanyahu sull’importanza del corridoio Philadelphia tra Gaza ed Egitto e ha definito la distruzione di Hamas un «nonsense».

Licenziato per tre questioni che mi mettevano in contrasto con il primo ministro Netanyahu: “La mia ferma posizione sulla coscrizione universale, l’impegno a restituire gli ostaggi e la richiesta di una commissione statale d’inchiesta sul fallimento del 7 ottobre. È possibile restituire gli ostaggi, ma ciò implica dei compromessi. Lo stato di Israele può fare quei compromessi”L'ex ministro della Difesa Yoav Gallant in conferenza stampa

A PREVEDERE il licenziamento di Gallant, era stato giorni fa Yossi Yehoshua di Yediot Ahronot. Aveva spiegato che «l’esercito ha urgente bisogno di 7mila soldati e ad agosto aveva assicurato che sarebbe stato in grado di reclutare 3mila giovani ultraortodossi. Tuttavia, dei 3mila haredim che hanno ricevuto la chiamata di leva, solo 240 si sono presentati». Le forze armate perciò avevano fatto presente a Gallant che senza una direttiva del ministero della difesa, rivolta esplicitamente alle gerarchie religiose che si oppongono alla leva per gli ultraortodossi, non sarebbero riuscite a reclutare i combattenti necessari per le guerre in cui sono impegnate.

«Al momento – aveva aggiunto Yehoshua – è più probabile che vedremo Yoav Gallant sostituito da un ministro favorevole a tenere in vita il governo di coalizione piuttosto che vedere gli ultraortodossi indossare le uniformi».

I due partiti che rappresentano nell’esecutivo la comunità ultraortodossa, Shas e Unità nel Giudaismo della Torah, sono stati espliciti con Netanyahu quando hanno avvertito che la maggioranza non sarebbe sopravvissuta alle imposizioni di chi vuole trasformare la vita dei giovani haredim usando la leva militare.

Previsioni azzeccate: archiviato Gallant, alla difesa va Israel Katz (che cede gli esteri a Gideon Sa’ar). Lui sì un falco dichiarato e campione di colonizzazione: nel 2005 si oppose al ritiro da Gaza voluto da Sharon, si è spesso battuto per incrementare il numero di coloni nel Golan siriano occupato ed è tra i principali sostenitori dell’annessione della Cisgiordania.

In serata Walla ha scritto che nell’aria ci sarebbero altre epurazioni eccellenti: il capo di stato maggiore, Herzi Halevi, e quello dello Shin Bet, Ronen Bar.

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