Lo sciopero dei benzinai di mercoledì 25 e giovedì 26 scongelato e l’Antitrust che decide di far ispezionare ben cinque compagnie petrolifere per possibile speculazione sui prezzi.

Oggi andrà in scena il secondo incontro tra governo e sindacati dei gestori delle pompe di benzina. Ma la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto Trasparenza già sabato aveva fatto infuriare le sigle più battagliere per il mancato rispetto di quanto discusso a palazzo Chigi venerdì.

Sotto accusa le sanzioni previste e il dover esporre il «prezzo medio». Il provvedimento prevede, tra le altre cose, che «i gestori degli impianti di carburante che non comunicheranno i loro prezzi e non esporranno nel punto vendite le medie calcolate dal ministero potranno essere puniti con sanzioni da 500 a 6mila euro. Dopo la terza violazione può essere disposta la sospensione dell’attività (che può andare da una settimana a tre mesi).

Ieri la giunta nazionale di Faib Confesercenti ha ribadito di «confermare il giudizio di forte contrarietà sul decreto Trasparenza. Pesa la formulazione della norma che conferma l’obbligo di un nuovo cartello e l’inasprimento inaccettabile delle sanzioni. Ben venga maggiore trasparenza ma si eliminino adempimenti che risulterebbero inutili e si riveda il sistema sanzionatorio, senza duplicazioni e senza accanimenti. Si perseguano con razionalità gli strumenti utili per dare informazioni corrette ai consumatori, ma si eviti – sottolinea l’associazione – la giungla cartellonistica che creerebbe solo confusione. I prezzi dei carburanti sono già oggi i più pubblicizzati rispetto ad ogni altro prodotto di largo e generale consumo. Pertanto, lo sciopero contro questo provvedimento inutile e dannoso resta congelato – continua la nota stampa di Faib – in attesa dell’incontro. In quella sede valuteremo se il governo ha intenzione di accogliere le richieste della categoria o meno. E prenderemo le decisioni cise».

Oggi alle 14,30 i rappresentati dei benzinai Faib, Fegica e Figisc parteciperanno a un tavolo tecnico al ministero delle Imprese e del Made in Italy sul tema rincari dei carburanti.

«Una mediazione si troverà», confida il sottosegretario leghista all’Economia Federico Freni, puntando sul comportamento ondivago delle sigle e sulla loro divisione.

Mentre governo e benzinai trattano, l’Antitrust indaga. L’Autorita garante della concorrenza e del mercato, insieme al Nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza, ha svolto ispezioni nelle sedi delle compagnie petrolifere: Eni, Esso, Ip, Kuwait Petroleum e Tamoil. I procedimenti sono stati avviati anche sulla base della documentazione «tempestivamente fornita» dalle stesse Fiamme gialle – si legge in un comunicato – «in merito alle infrazioni accertate sui prezzi dei carburanti praticati da oltre mille pompe di benzina, fra le quali quelle a marchio Eni 376, Esso 40, Ip 383, Kuwait 175 e Tamoil 48. La documentazione e i dati trasmessi dalla GdF farebbero emergere, da parte delle società, condotte riconducibili alla omessa diligenza sui controlli rispetto alla rete dei distributori, in violazione dell’articolo 20 del Codice del Consumo».

Inoltre, spiega l’Antitrust, «in numerosi casi e risultata difformità tra il prezzo pubblicizzato e quello più alto in realtà applicato; in altri e stata riscontrata l’omessa esposizione del prezzo praticato, ovvero l’omessa comunicazione al portale Osservaprezzi Carburanti, utile al consumatore per trovare la pompa con il prezzo piu basso. In particolare, Eni, Esso, Ip, Kuwait Petroleum Italia e Tamoil non avrebbero adottato misure o iniziative idonee a prevenire e a contrastare queste condotte illecite a danno dei consumatori».