Lo avevamo lasciato in una Milano un po’ amara, per lui e per tanti altri, in quello strano Giro autunnale di due anni fa, Jai Hindley, e lo ritroviamo baciato dal sole della Maielletta. Nel mezzo mesi in cui forse doveva ben capire come digerire quei pochi chilometri a cronometro che gli erano costati un Giro intero.

La tappa, partita da Isernia, aveva il temuto Blockhaus nel mirino. Il gruppo attraversava montagne antiche, segnate dalla transumanza. Antiche per orografia e per memoria ciclistica, ché prima ancora delle Dolomiti era qui che il Giro segnava i garetti ai ciclisti.

Il menù prevedeva, di contorno agli arrosticini grigliati a bordo strada, Macerone, carnefice di campionissimi (qui in crisi Girardengo e Coppi), Rionero Sannitico, Roccaraso, e poi, dopo un su e giù comunque indigesto ai corridori, la Maielletta nel duplice versante di Passo Lanciano e del Blockhaus.

Su strade un tempo scompigliate da briganti anch’essi dai nomi antichi – Crocitto, Mercante, Cannone, Caramanico – a taglieggiare il gruppo ci ha provato la fuga di giornata, capeggiata da Diego Rosa, il primo a provarci e l’ultimo ad arrendersi, e per questo ricompensato con la maglia di leader degli scalatori.

Che l’alloro di giornata se lo sarebbero giocato i big lo si è capito lungo la discesa di Passo Lanciano e poi sul lungo falsopiano fino a Roccamorice, nel momento in cui gli Ineos di Carapaz, senza eccessivi strappi, hanno imposto un’andatura robusta.

Il primo a pagare è stato Yates, malconcio ad un ginocchio per via di una caduta il giorno dell’Etna, e in seguito Ciccone, enfant du pays come sempre un po’ impacciato nel vestire i panni di potenziale pretendente al rosa.

Infine, dopo otto intere tappe e quando anche la nona volgeva al termine senza sussulti, ai meno quattro dal traguardo Carapaz si è degnato di dare una tentennatina all’albero del gruppo, hai visto mai che si staccasse qualche frutto.

Lo seguono, sicuri, il basco Landa e Bardet, con la sua faccia da bambino. Va in scena, da quel momento in poi, sull’altopiano coi fiordaliso pettinati dal vento, uno strano minuetto: i tre vanno via, una, due, tre volte, con Almeida, Hindley e Pozzovivo a ricucire del proprio passo, e Nibali e Valverde ad assistere, un po’ discosti ma senza naufragare.

Per l’ultima volta il manipolo dei migliori si raggruppa all’ultimo chilometro, giusto in tempo per una volata che Hindley prende in testa sfruttando un raro avvallamento sul percorso, per poi trionfare sul traguardo a braccia alzate.

Distacchi minimi tra i big, tanto che la maglia rosa in affitto Juanpe Lopez, ingobbendosi e sbuffando, si trascina all’arrivo giusto in tempo per salvare il simbolo del primato.