«Devi sapere che ognuno viene da una storia, un luogo diverso, con un background sociale, culturale a sé. Dobbiamo avere rispetto, comprendere tutti i particolari che abitano dentro ognuno. Bisogna entrare in empatia, avere una chiave per queste differenze. Dopo anni di esperienza, l’unica cosa che posso dire è che il nostro potere è la differenza». Béla Tarr parla piano. Ha una voce bassa, antica. Due lunghe sopracciglia bianche incorniciano gli occhi magnetici, colore del mare. Siamo seduti all’ombra nell’orto dell’Asilo Filangieri di Napoli, bene comune occupato nel 2012 da un collettivo di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo che ha ispirato la rivoluzione di «uso civico dello spazio» messa poi in atto da una costellazione di luoghi «liberati» in città.

Napoli, maggio 2024: workshop di regia con Béla Tarr, foto di Angelo Antolino

QUESTO AVAMPOSTO di resistenza – un’oasi in mezzo al caos del turismo predatorio che sta distruggendo il centro antico – è il quartier generale di un corso immersivo di cinema diretto dal celebre regista ungherese, che s’inserisce in due settimane interamente dedicate al suo cinema e alla sua ricerca artistica. «Senza fine. Il cinema di Béla Tarr», fino al 2 giugno, prevede una retrospettiva di quindici film, tra lungometraggi e corti, in sale di tutta la città. Il progetto a cura di Ladoc è stato promosso e finanziato dal Comune di Napoli nell’ambito del progetto Cohousing Cinema, in occasione del Maggio dei Monumenti 2024 e in collaborazione con Scuola di Cinema – Accademia di Belle Arti di Napoli, l’Asilo, Riot Studio.

Armando Andria, tra gli organizzatori di Ladoc, racconta che l’idea del corso risale a tre anni fa quando il regista, che negli ultimi dieci anni ha condotto film school in ogni parte del mondo – Sarajevo, Cairo, Cina – di passaggio a Napoli, visitò L’Asilo: «Si entusiasmò moltissimo, subito pensò che fosse il luogo adatto per ospitare una film school. Da allora iniziammo ad attivarci per renderla possibile». Cuore della rassegna, un workshop totalmente gratuito, rivolto a filmmakers under 35 di qualsiasi paese con una riserva di quattro napoletani. Gli aspiranti hanno inviato un lavoro, un corto o un lungometraggio, fatto in precedenza. Dopo una prima scrematura curata dagli organizzatori, Béla Tarr ha voluto visionare personalmente i lavori. «Ci ha tenuto che avessero una connessione con una realtà, che fossero legati a un valore sociale di fare arte», continua Andria, «Nessuno di loro è un esteta, questo per lui è determinante». Da oltre duecento candidature, si è formato un gruppo di dodici filmmakers, provenienti da ogni parte del mondo, molti giovanissimi. Ucraina, Azebaijan, Messico. L’obiettivo è realizzare un corto che abbia un forte legame col territorio. «Béla ha voluto che favorissimo un rapporto con la città, attraverso la condivisione di una serie di esperienze pratiche e concrete, che mostrassimo ai registi dove accadono cose».

Camilla, 31 anni, regista
L’aspetto più interessante di questa formazione è il fatto di sentirsi liberi, senza il peso del mercato e di dover rendere quello che fai un prodottoL’Asilo, dove i gruppi tornano in ricognizione ogni giorno dopo aver girato, è esso stesso un incubatore di pratiche, attraversato quotidianamente da energie, gruppi ed esperienze artistiche e sociali di ogni tipo. Qui alcuni dei partecipanti hanno trovato i soggetti per il loro progetto, un’educativa territoriale o un laboratorio con i rom di Scampia. Le prime giornate del workshop sono state dedicate a plenarie di auto presentazione, discussione e condivisione dei lavori con cui i partecipanti sono stati selezionati, in seguito il regista ha condotto incontri one to one per discutere le idee da sviluppare. Poi i filmmaker hanno iniziato a uscire. Giorno dopo giorno, Tarr visiona il materiale, si confronta con loro, va direttamente sui set, ragionando con registi e attori per capire cosa accade e come stanno lavorando. C’è un rapporto molto diretto e intensivo che condurrà a una restituzione finale il 2 giugno.

Camilla, regista di 31 anni uscita dalla scuola sperimentale di Palermo, sta realizzando un corto che parte proprio da alcune realtà conosciute in questi giorni: «Ho individuato il tema dell’essere fratello in adolescenza, sto seguendo educatori che lavorano qui e a Scampia. Béla incoraggia molto a trovare la realtà nei personaggi che crei: il personaggio deve andare incontro alla persona. L’aspetto più interessante di questa formazione è il fatto di sentirsi liberi, senza il peso del mercato, della produzione, di dover rendere quello che fai un prodotto». Sasha Alexandra ha studiato a Kiev come direttrice della fotografia, ha 22 anni e questo è il suo primo viaggio in Italia: «È una grande opportunità lavorare con Béla, nonostante l’età è così generoso a trascorrere tutto questo tempo con noi. Mi piace molto questo luogo, le persone che ha scelto sono molto diverse ma ci accomuna un modo molto simile di pensare e concepire il lavoro. Siamo tutti accoglienti, ci aiutiamo a vicenda, si è creata una piccola comunità».

Béla Tarr
Bisogna avere rispetto, comprendere i particolari che ci abitano. Dopo anni di esperienza, l’unica cosa che posso dire è che il nostro potere è la differenzaA SUPPORTO dei filmmakers, oltre al team di organizzatori e curatori, anche alcuni allievi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Come Sabrina, 27 anni, che si occupa di suono in presa diretta e post produzione, la incontriamo di ritorno dalla Solfatara assieme ad Antonello, regista calabrese di 35 anni, che da dodici vive ad Amburgo: stanno girando la storia di una ricercatrice vulcanologa. Melisse, messicana under 30, direttrice della fotografia e regista, poco prima di andare a colloquio con Béla ci racconta che sta lavorando all’interno del Giardino Liberato, bene comune a uso civico e collettivo, ex convento nel cuore del quartiere Materdei occupato da Casapound e liberato da abitanti e attivisti nel 2011. Alberto e Gabriele, due registi di Cagliari e Torino, si stanno concentrando sulla narrazione dell’intero processo, riprendono il workshop e le sue fasi.
Durante una pausa, chiedo a Béla Tarr di raccontarmi come sta procedendo il lavoro, «Napoli è una grande grande esperienza, credo sia una realtà molto interessante con cui un giovane filmmaker può confrontarsi. Qui tutto si muove, succede sempre qualcosa, senti l’energia, una tensione, ci sono molti problemi sociali. Cerchiamo di capire, scoprire la città, questo è il nostro compito. Ogni minuto è diverso. Diciamo che ho qualche speranza ma è troppo presto, siamo ancora in cammino».
I prossimi appuntamenti
La retrospettiva «Senza fine. Il cinema di Béla Tarr», iniziata il 17 maggio, prosegue fino al 2 giugno in diversi luoghi della città. Prevista per stamattina, alle 10 all’Accademia di Belle Arti di Napoli, una tavola rotonda sul cinema di Béla Tarr e poi stasera, alle 20 al Riot Studio, un’installazione sonora di Sergio Naddei e un’azione sonora di Antonio Raia sulle immagini di «Prologo». Venerdì alla Salla Assoli alle 18.30 sarà la volta dei «Contributi dedicati a Béla Tarr da Fuori orario. Cose (mai) viste», a cui seguirà la proiezione di «Rapporti prefabbricati». Domenica infine, alle 19 all’Asilo Daniela Angelucci sarà in dialogo con Bruno Roberti a proposito dell’ultimo film di Béla Tarr, «Il cavallo di Torino», che sarà proiettato quella stessa sera alle 21 al Multicinema Modernissimo.