A due giorni dalla rivolta nel carcere minorile milanese «Cesare Beccaria» e dall’evasione dei sette ragazzi detenuti, il ministro di Giustizia Carlo Nordio trova qualche parola da offrire alla stampa al posto delle tante pronunciate con enfasi per microfoni e taccuini, su carceri e giustizia minorile, dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Due giorni dopo quei fatti, ancora tra dei ragazzi fuggiti sono latitanti, un quarto è stato rintracciato ieri dai carabinieri per strada, per strada in zona Sesto San Giovanni. Ma la punizione – se così si può chiamare – è arrivata per tutti. Undici dei giovani che il giorno di Natale si sono ribellati contro un permesso natalizio prima concesso e poi vietato, dando fuoco a materassi e suppellettili, dopo la fuga degli altri detenuti, ieri sono stati trasferiti in sei carceri diversi del sud Italia, secondo il criterio della «distribuzione il più possibile diffusa». Due di loro sono finiti a Catania, e gli altri sono stati distribuiti tra gli istituti minorili di Bari, Catanzaro, Potenza, Palermo e Caltanissetta. Altri trasferimenti erano già da ieri in previsione di esecuzione. Secondo il garante dei detenuti di Milano, Francesco Maisto, almeno un giovane sarebbe stato trasferito addirittura in un carcere per adulti.

«Il fatto che siano stati trasferiti al Sud è una notizia che mi preoccupa – commenta Maisto – che siano finiti in carceri per adulti invece mi allarma. Spero, e vorrei sbagliarmi, che i minorenni non vengano trattati così per punizione, come avviene spesso anche per i detenuti adulti». D’altronde le destre politiche e sindacali fin da subito hanno colto l’occasione per rilanciare una sorta di controriforma sul sistema penale minorile, tornando a limitare a 21 anni (anziché i 25 attuali) l’età dei detenuti che possono scontare la pena negli Ipm.

Quanto accaduto, scrive Nordio, «è l’ultima spia di un crescente e allarmante disagio giovanile, di cui tutti – ciascuno nel proprio ruolo – siamo chiamati ad occuparci». Il ministro “garantista”, che segue «con preoccupazione» (e parole di circostanza) l’evolversi degli eventi, si è limitato a elencare una serie di misure (decise da chi lo ha preceduto): un direttore a tempo pieno per il Beccaria forse a settembre, quando saranno formati i 57 nuovi direttori che hanno superato il primo concorso bandito dopo 25 anni; la copertura dei «vuoti di organico della dirigenza penitenziaria di esecuzione penale esterna, visto che i nuovi assunti stanno terminando la formazione»; mille assunzioni per la polizia penitenziaria; un nuovo istituto minorile a Rovigo e la ristrutturazione di quello di Castel del Marmo; giustizia riparativa «per prenderci cura nei modi più efficaci possibili dei ragazzi entrati nei circuiti penali».

Il Guardasigilli però trova anche «un aspetto positivo» nei fatti di Beccaria: la fiducia nelle istituzioni da parte dei familiari che hanno convinto alcuni ragazzi («almeno in un caso») a costituirsi. Poi la chiosa, con la proposta di «un tavolo interministeriale che coinvolga tutte le istituzioni e il terzo settore, per continuare ad osservare in modo costante il fenomeno della devianza giovanile e individuare soluzioni efficaci anche in termini di prevenzione».

Evidentemente non soddisfatto, il Pd chiede che Nordio riferisca (si spera, non ripeta) tutto in Parlamento.