Bannon «il barbaro» ora è libero di attaccare. E Trump è sempre più solo
American Psycho L’ideologo neonazista licenziato è un fiume in piena. Anche Murdoch si smarca dopo Charlottesville
American Psycho L’ideologo neonazista licenziato è un fiume in piena. Anche Murdoch si smarca dopo Charlottesville
Steve Bannon appena uscito dalla Casa bianca non è rimasto disoccupato nemmeno un minuto. È già tornato a Breitbart News, la pubblicazione online di estrema destra da lui diretta fino al suo ingresso nel team di Trump, durante la campagna elettorale. Bannon però non esce di scena bastonato, anzi, ne esce come un fiume in piena e non ne fa mistero: «Preparatevi a Bannon il barbaro», è stata la bellicosa dichiarazione, secondo quanto riporta Politico, che parla della sua frustrazione a causa dei limiti imposti dal ruolo di governo che ricopriva.
«POLITICO» HA RACCOLTO e pubblicato le dichiarazioni che Bannon ha fatto ai suoi amici più stretti a cui ha detto di volersi impegnare, in questa nuova fase della sua vita, a riportare la lotta su un terreno a lui più confacente, cioè «aiutare Trump» spingendo dall’esterno l’amministrazione a destra.
Cosa questo voglia dire non è ancora chiaro, ma certo una piattaforma come Breitbart, dove convogliano i peggiori animi neonazisti che compongono lo zoccolo duro dei supporter di Trump, puó fare molto per agire sul presidente.
Di fatto da questa parentesi istituzionale Bannon potrebbe uscire rafforzato, e in molti si chiedono che uso farà di tutti i retroscena e i segreti di Stato che, visto l’incarico ricoperto, fanno parte ora del bagaglio di conoscenze dell’ideologo neonazista.
IN UN’INTERVISTA concessa al Weekly Standard subito dopo il licenziamento, lo stesso Bannon ha affermato: «Abbiamo ancora un enorme movimento e faremo qualcosa di questa presidenza Trump. Ma quella presidenza è finita. Sarà qualcos’altro. Adesso sono libero».
La sua uscita ha comunque fatto tirare un piccolo sospiro di sollievo ai mercati, e Wall Street ha chiuso recuperando una parte delle perdite subite col tonfo dei giorni scorsi.
Si allontana, con l’addio di Bannon, anche lo spettro di una uscita di scena del consigliere economico di Trump ed ex democratico, Gary Cohn anche perché Cohn sta emergendo come il favorito nella corsa alla presidenza della Federal Reserve, quando a febbraio del 2018 scadrà il mandato di Janet Yellen. Cohn di certo vorrebbe operare senza i colpi di scena di un’amministrazione fuori controllo e l’obiettivo sarebbe quello di portare a casa, dopo tante sconfitte, almeno la tanto sbandierata rivoluzione fiscale, ma il nemico da affrontare non sono solo i democratici, sono anche i repubblicani che vorrebbero staccare la spina al presidente.
GLI AVVENIMENTI di Charlottesville hanno creato uno spartiacque e le posizioni si sono ulteriormente radicalizzate, il più esplicito tra i compagni di partito di Trump è stato l’ex candidato presidente Mitt Romney che ha criticato duramente Trump per la sua indulgenza con i suprematisti bianchi, e ha scritto in una dichiarazione pubblica: «Se Trump lo intendesse o meno non è importante, ciò che ha comunicato ha causato molta gioia ai razzisti e molto dolore alle minoranze e ha fatto piangere il grande cuore d’America».
Oltre agli amici della politica anche quelli del mondo economico si stanno allontanando da Trump, tra loro spicca il nome di James Murdoch, figlio di Rupert e direttore generale della 21st Century Fox, che è l’ultimo esecutivo ad aver condannato il presidente per Charlottesville e, come Tim Cook CEO della Apple, anche Murdoch ha promesso pubblicamente di donare 1 milione di dollari alla Lega Anti-Diffamazione.
FUORI DALLA CASA BIANCA intanto sempre più statue dei confederati vengono rimosse, nonostante il parere contrario del presidente che non vede nulla di male nell’avere dei simboli in difesa dello schiavismo in giro per le città americane, ma questo sembra essere ormai una trend inarrestabile.
Si moltiplicano anche le manifestazioni dei neonazisti che in quei simboli si riconoscono e questo nuovo scenario porta per la prima volta gli americani a interrogarsi sul primo emendamento: il freedom of speech include anche i suprematisti? Per ora non c’è una risposta univoca e il timore è che un giro di vite sulla libertà di espressione della destra possa rivoltarsi contro chi, per questa libertà, continua a lottare.
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