Il capobanda Enrico ‘Erriquez’ Greppi non c’è più, se ne è andato un anno e mezzo fa e la sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile nei suoi compagni di viaggio. Sì, perché Bandabardò non è solo ensemble musicale, ma anche uno stile di vita, di amicizia, una sorta di famiglia allargata. “L’idea che lui non ci fosse più è stata devastante – spiega Finaz –  ma ha preso il sopravvento l’affetto dei fan, dei colleghi che ci dicevano di andare avanti. E lo stesso Erriquez, negli ultimi giorni di vita, mi ha detto che non dovevamo fermarci”. E così la macchina Bandabardò non solo si rimette in moto, ma esce domani con un disco nuovo di zecca, dieci canzoni di cui una sola rivisitazione dal loro repertorio, il brano Manifesto.

Non fa paura – il titolo dell’album prodotto per Otr Live e distribuito da Btf, li vede unire le forze con Stefano Bellotti in arte Cisco, che è stata la voce dei Modena City Ramblers dal 1992 al 2005: “Dopo la morte di Erriquez – prosegue Finaz – ci siamo veramente interrogati su cosa dovevamo fare, la cosa migliore ci è sembrato di non sostituirlo ma  collaborare con l’unica persona che veramente poteva fare una cosa del genere, che è proprio Cisco perché corrisponde al mondo della banda: politico, sociale e musicale. E infatti ci stiamo trovando bene e il nostro pubblico ha recepito la cosa nel modo più giusto”.

E CON QUESTO spirito la band è entrata in sala di registrazione con l’idea di divertirsi e ne è uscita con un disco completo” “Ci ha preso così bene -sottolinea Cisco – che dopo quattro o cinque giorni avevamo già cinque pezzi pronti”. Nell’era dei dischi fatti al computer, ognuno porta la singola parte anche a distanza e poi la tecnologica unifica tutto, la modalità della Bandabardò è un po’ quella delle band anni settanta:  “Già – sottolinea Finaz – i dischi in quell’epoca nascevano dalla sperimentazione e dalla frequentazione reciproca, dalla voglia di giocare”.

“Dopo la morte di Erriquez ci siamo interrogati su cosa dovevamo fare, la cosa migliore ci è sembrato di non sostituirlo ma  collaborare con l’unica persona che veramente poteva fare una cosa del genere,Cisco

I due anni di convivenza con il  Covid-19 sono stati devastanti per il comparto della musica dal vivo, molte professionalità perse: “La pandemia – spiegano – è servita per aprire gli occhi in questo paese al fatto che chi fa musica e spettacolo è un lavoratore a tutti gli effetti. Un lavoratore che sta sul palco, che aiuta a far stare gli artisti sul palco. Molta gente che lavorava con noi ha dovuto giocoforza cambiare mestiere perché non aveva alternativa. E qui entrano in gioco le manchevolezze dello Stato e della politica, perché un settore basato sulla precarietà è collassato durante il lockdown. E anche noi artisti siamo precari: noi che non siamo Ligabue Vasco Rossi e Jovanotti, dobbiamo confidare sulla possibilità di andare a suonare e farlo il più possibile. Anche perché non è ancora finita, quest’estate sembra ripartire tutto per fortuna ma poi quest’altro inverno dove saremo? Saremo di nuovo a capo?”.

L’ATTIVITA’ live – da sempre al centro dell’attività della Bandabardò – si apre il 27 maggio con un appuntamento presso l’Anfiteatro delle Cascine Ernesto di  Pascale di Firenze, la serata che rende omaggio a Erriquez che vedrà la partecipazione di colleghi e amici fra cui Carmen Consoli, Ginevra Di Marco, Folcast, Jacopo Fo, Paola Turci, Piero Pelù.

Il disco si apre sulle note di Come accendini accesi, dedicato al lavoro del musicista una sorta di ‘manifesto’ e rinascita della Bandabardò: “L’ho scritta – spiega Cisco – pensando alle emozioni di quando si sta sul palco e che ti fanno superare tutto, i lutti le grosse botte emotive. Uno va avanti perché sente che è la cosa giusta da fare e quella che vuol fare nella vita. Le immagini metaforiche sono questi cerini accesi, anche se nessuno li accende  più ma fa luce con i cellulari. Io sono di un’altra generazione è ho preferito (ride, ndr) far cantare gli accendini…”. Gilles è l’omaggio al grande campione Villeneuve – pilota di Formula1 e icona generazione, ma è anche immagine metaforica: “Un personaggio molto amato, un campione che correva come se non ci fosse un domani. Ma non lo faceva perché doveva diventare campione del mondo, lui correva per l’amore della corsa e della gara. In qualche modo sublimava la vita correndo e mettendola a rischio in ogni momento, in ogni curva, in ogni rettilineo proprio per andare oltre”.

IN UN’INTERVISTA avete dichiarato: Siamo per la rivalutazione dei rapporti umani, dei miscugli razziali e culturali. Lottiamo per un mondo a misura di donna e di bambino e per vedere un giorno trionfare allegria e gentilezza“. Una posizione forte in un mondo dominato dai social e dagli hater…”Partiamo da una certezza: la  grettezza, il razzismo e il fascismo ci sono sempre stati. Oggi i social danno la possibilità a simili idiozie, simili idioti di poter dire la loro ed arrivare ad ancor più persone. Amplificano il messaggio. Ma siamo ottimisti e crediamo siano molti di più gli italiani seri. Piuttosto fa riflettere la passione dell’italiano per l’uomo forte di cui ciclicamente sentiamo bisogno. Un’esigenza che sembra intrinseca all’italiano medio”.