Balneari, la destra frena. Il premier minaccia la crisi
Ddl concorrenza Convocato d’urgenza il cdm: "Per non perdere i soldi del Pnrr il testo deve arrivare in aula entro maggio ed essere approvato. Se necessario, con la fiducia"
Ddl concorrenza Convocato d’urgenza il cdm: "Per non perdere i soldi del Pnrr il testo deve arrivare in aula entro maggio ed essere approvato. Se necessario, con la fiducia"
«Ora basta. O abbassate le pretese oppure vi prendete il testo sulle concessioni balneari così com’è, senza modifiche. Il ddl Concorrenza deve essere approvato subito o perdiamo i fondi del Pnrr»: forse non sono proprio le parole adoperate da Mario Draghi nel tesissimo colloquio alla Camera con il capogruppo forzista Paolo Barelli ma il significato era precisamente questo. Non si tratta di una minaccia a vuoto. Poche ore dopo il premier si consulta con Mattarella, poi convoca una riunione fuori programma del cdm con ordine del giorno scarno: «Comunicazioni del presidente». La comunicazione è laconica, il cdm dura appena una decina di minuti: «Entro dicembre non va approvata solo la delega ma anche i decreti, altrimenti perderemo i fondi del Pnrr. Il provvedimento deve arrivare in aula entro maggio ed essere rapidamente approvato. Se necessario, con la fiducia». Nessuno si oppone. Un po’ perché i ministri, colti alla sprovvista, sono frastornati. Molto perché l’argomentazione di Draghi è inconfutabile: i termini dell’accordo con la Ue sulle scadenze del Pnrr vanno rispettati alla lettera. Dunque o la maggioranza troverà una mediazione accettata da tutti nei prossimi 10 giorni, oppure il governo forzerà con la fiducia.
A suscitare la massima irritazione di Draghi era stata proprio la nota con la quale, in mattinata, i capigruppo di Fi e Lega al Senato, Bernini e Romeo, avevano chiesto tempo: «L’accordo non è ancora stato raggiunto. Sono necessari ulteriori approfondimenti per arrivare a un testo condivisibile». L’obiettivo, non dichiarato ma evidente, era scavallare le amministrative, cioè arrivare a giugno inoltrato. Il premier capisce al volo l’andazzo. «Se si blocca tutto per le comunali, cosa succederà in prossimità delle politiche?», avrebbe commentato. Quindi fa la sola mossa a sua disposizione per evitare l’ulteriore e fatale rallentamento del ddl fermo in commissione Industria al Senato. Minaccia la crisi subito, a vitalizi non ancora maturati. Il Pd, che pure aveva chiesto di rivedere la norma si balneari, si adegua. «Chi mette a rischio il Pnrr per ragioni di propaganda elettorale si assume una enorme responsabilità», commenta il ministro del Lavoro Orlando, mentre Renzi e Calenda plaudono alla scelta drastica del premier.
Anche Fi, o più precisamente la sua delegazione al governo, si schiera senza esitazioni con Draghi. «Il Pnrr è un contratto: va rispettato. Piena adesione alla proposta di calendarizzare entro maggio e di apporre la fiducia», solidarizza Brunetta. Ma se alle parole del ministro Pd fa eco l’intero partito, nessuna voce conforta una delegazione azzurra al governo in conflitto sempre più profondo con Arcore. La replica dell’asse Fi-Lega è affidata a un nuovo comunicato dei capigruppo al Senato, che stempera la tensione senza però scioglierla del tutto: «L’obiettivo è tutelare 30mila piccole aziende e 100mila lavoratori del mare. Siamo ottimisti che si possa trovare un accordo positivo». In mancanza del quale, avrebbe però fatto capire la Lega in cdm, non è certo che il Carroccio voti comunque la fiducia.
Nel merito l’accordo non è impossibile. Conte aveva prorogato sino al 2033 i termini per mettere a gara le concessioni balneari ma il consiglio di Stato ha bocciato la proroga anticipando i termini di 10 anni. Draghi non intende andare oltre il 31 dicembre 2023, come chiedono invece azzurri e leghisti, e sul no alla proroga i 5S sono intransigenti. In compenso il governo sarebbe favorevole a rafforzare gli indennizzi, come chiede anche il Pd, e sono oggetto di trattativa anche le «garanzie» per i titolari delle concessioni, di fatto una prelazione. Esclusa invece la proposta dei relatori in commissione, il Pd Collina e il leghista Ripamonti, che suggerivano di mettere a gara solo le spiagge libere: non basterebbe a rispettare la sentenza del Consiglio di Stato, essendo le spiagge libere una porzione esigua. Il merito però non è tutto. Nessuno è pronto ad affrontare davvero crisi ed elezioni. Ma se la corda continua a essere tirata ogni giorno da tutti e su tutti i fronti, il rischio che si spezzi è comunque inevitabile.
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