Bagnoli, la manifestazione contro il comizio di Meloni: «Niente passerelle elettorali nelle strade del quartiere»
Verso il voto Nicola, 71 anni, ex delegato Fiom, una vita in Finmeccanica: «Negli anni Settanta i missini non li facevamo parlare: la loro presenza era considerata una provocazione»
Verso il voto Nicola, 71 anni, ex delegato Fiom, una vita in Finmeccanica: «Negli anni Settanta i missini non li facevamo parlare: la loro presenza era considerata una provocazione»
Ieri mattina Bagnoli si è svegliata sotto assedio, uno schieramento di oltre 700 uomini, tra polizia e carabinieri, presidiava l’ex quartiere operaio in vista del comizio del pomeriggio di Giorgia Meloni all’Arenile, uno dei locali della movida flegrea. I residenti sono stati obbligati a togliere le auto pena rimozione forzata; tre «bolle di contenimento» sigillavano gli accessi alla zona da via Diocleziano, via Napoli e all’altezza di Città della Scienza. Alle 14 il silenzio era surreale: una distesa di blindati, strade vuote, sui muri i vecchi manifesti dei movimenti per il lavoro «Lo stato serve ai ricchi. Non votate, lotta».
Alla rotonda che immette sul vialone dell’Arenile cinque balconi del palazzone di cemento armato marrone mostravano i versi di Bella ciao. Alle spalle la fermata della metro Cumana, nella piazzetta dal lato interno i manifestanti hanno sistemato il loro presidio: presenti i disoccupati del Movimento 7 Novembre, quelli del Cantiere 167 Scampia e gli attivisti del laboratorio politico Iskra. Si sono sistemati lì per impedire che i sostenitori di FdI attraversassero Bagnoli con le bandire e i loro slogan, per due volte piccoli gruppi sono stati respinti costringendoli ad allontanarsi alla spicciolata, niente cori e niente fiamma tricolore.
A comizio iniziato, hanno attraversare le strade di Bagnoli fino al punto di partenza, sullo sfondo le ciminiere delle fabbriche dismesse, squarci di mare da trent’anni in attesa di sapere se verrà bonificato e, dal lato interno, il Bagnoli metro park stadium: uno spazio abbandonato ripulito dal Bagnoli street soccer, gruppo informale di ragazzi tra i 10 e i 15 anni , educatori e attivisti. A furia di riunirsi lì, i ragazzi hanno deciso di trasformarlo in un campo da calcio gratuito, l’hanno fatto da soli senza alcun aiuto pubblico.
«Abbiamo deciso di non cadere nel trappolone che ci ha teso Meloni – spiegava ieri Walter Iannuzzi di Iskra -, non le faremo fare le ultime 48 ore di campagna elettorale sulla narrazione tossica dei centri sociali di sinistra che cercano lo scontro. Ma neppure accettiamo passerelle elettorali in un quartiere militarizzato tipo G8. Quello che diciamo a lei l’abbiamo detto a Letta e a tutti i leader di partito, incluso quelli di centrosinistra, che hanno promosso dispositivi repressivi e leggi lacrime e sangue. Ma siamo anche preoccupati della salsa a base di sovranità e nazionalismo che ci rifila FdI. Non consentiremo di girare per Bagnoli a chi produce odio e guerra tra poveri. Non potranno sdoganare i post fascisti in un quartiere operaio».
E sul reddito di cittadinanza: «La tifoseria pro e contro è ridicola: ha salvato dalla povertà tante persone durante il Covid, non tutti lo prendono per le tante limitazioni poste, qui ci sono i disoccupati che lottano ogni giorno per ottenere un lavoro stabile e sicuro. Abbiamo stilato progetti, fatto tavoli in prefettura per otto anni e l’unica risposta rapita del Viminale sono le forze dell’ordine per Meloni».
Nicola è del quartiere, 71 anni, ex delegato Fiom, una vita in Finmeccanica: «Fino a che ha funzionato il polo siderurgico la gente si ammalava ma avevamo uno stipendio, c’era la socialità, la gente partecipava. Negli anni Novanta avevamo la speranza di una nuova Bagnoli senza più morti di tumore, basata sull’economia del mare. Invece adesso è uno dei quartieri più poveri di Napoli. Negli anni Settanta venivano i parlamentari dell’Msi a fare i comizi, non li facevamo parlare: anche allora la loro presenza era considerata una provocazione. Bagnoli è un quartiere di vecchi o di ragazzi che vanno ancora a scuola, la fascia di mezzo che deve lavorare è costretta an andare via. A Meloni dico: se vorrete cambiare la costituzione non lo permetteremo».
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