Le concessioni di occupazione del demanio marittimo devono essere affidate con una gara «imparziale e trasparente» e non possono essere rinnovate automaticamente. È una regola precisa e senza condizioni che va applicata non solo dai giudici, ma da tutte le amministrazioni pubbliche in tutto il territorio dell’Unione europea e non solo nelle aree transfrontaliere.

Rispondendo sette anni dopo e per la seconda volta a un tribunale italiano – stavolta al Tar della Puglia -, la Corte di giustizia dell’Unione europea richiama il nostro paese al rispetto della direttiva Bolkestein (2006), valida e non aggirabile. L’obbligo di concorrenza è giustificato dalla scarsità delle risorse naturali, i giudici di Lussemburgo riconoscono che questa scarsità possa essere valutata combinando «un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune».

Ma avvertono l’Italia di non insistere con le furbizie: il possibile coinvolgimento dei comuni «non può rimettere in discussione l’effetto diretto» della direttiva europea. Le reazioni della maggioranza chiariscono che, invece, il governo insisterà. Anche a danno della certezza del diritto dei balneari di cui la destra – Salvini, ma anche Fratelli d’Italia e Forza Italia – si fa paladina.

«La sentenza della Corte di Giustizia europea ci dà ragione – dichiara infatti un minuto dopo il leghista Centinaio, vicepresidente del senato e già ministro del turismo – la scarsità delle risorse in Italia, di fronte a ottomila chilometri di coste, è inesistente. Niente scarsità, niente Bolkestein».

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E così Fratelli d’Italia: «La sentenza dà piena legittimità al lavoro impostato dal governo con il tavolo tecnico che sarà chiamato a breve a predisporre la mappatura delle aree demaniali». È la tesi in base alla quale una volta fatta la mappa delle spiagge – ma quando? – si scoprirà che ce ne sono abbastanza da poter mettere ancora gara. Salvando i balneari già titolari e sacrificando semmai i pochi arenili rimasti liberi.

La commissione europea, che mercoledì in attesa della sentenza di Lussemburgo ha rinviato il secondo step nella procedura di infrazione ai danni dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva, procedura aperta nel 2020, evidentemente non la pensa così. Una portavoce, Sonya Gospodinova, ha fatto capire che a Bruxelles hanno letto bene la sentenza: «La Corte di giustizia ha confermato che la direttiva è applicabile direttamente e che le autorità nazionali e i giudici devono disapplicare le regole nazionali che la contraddicono».

È un punto fondamentale, già messo in luce dalla presidente della Corte costituzionale italiana nella sua recente conferenza stampa. I comuni non possono continuare a ignorare le regole europee sulle concessioni del demanio. Se insistono, il diritto dell’Unione può essere fatto valere da ogni cittadino, quindi anche da chi resta escluso dalle concessioni. Il che, come aveva previsto il presidente della Repubblica Mattarella nelle sue note critiche al recente decreto Milleproroghe che ha spostato di un altro anno le concessioni in vigore, alimenterà il caos dei ricorsi.

Non finisce qui, perché – aggiunge la portavoce di Bruxelles – la Commissione non allenterà la presa sull’Italia. «Il commissario (per il mercato interno, ndr) Breton è stato in Italia la scorsa settimana, ha avuto una riunione con la premier e ha sollevato la questione. Meloni ha assicurato che le autorità nazionali in Italia applicheranno molto rapidamente la legislazione europea». Dunque anche prima di correggere (come hanno promesso al capo dello Stato) le norme con le quali hanno previsto altre proroghe. E comunque «le autorità nazionali procederanno ad allineare la legislazione nazionale italiana alle norme europee».

Per Roma è un avvertimento pesante. Troppo. A Bruxelles arrivano le rimostranze di palazzo Chigi e la stessa portavoce poco dopo corregge: «Vorrei chiarire che l’incontro tra Meloni e Breton non era dedicato al tema delle concessioni balneari (non lo aveva detto, ndr) e che nessuna delle due parti ha fatto alcun commento sui prossimi passi». Resta, non smentito, che la Commissione «farà un monitoraggio diretto e molto rigoroso della situazione». La procedura di infrazione, al termine della quale c’è una sanzione economica, del resto è già aperta.