Parte subito, con il Veneto capofila, la carica delle regioni alla conquista dell’Autonomia differenziata. La legge è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale tre giorni fa e già ieri il presidente Luca Zaia ha firmato davanti alla giunta regionale veneta (con la stessa penna usata per indire il referendum consultivo del 2017), la lettera alla premier Meloni per chiedere la riapertura del tavolo di confronto con il governo.

«QUESTA FIRMA ci consente di ricominciare a trattare sulle nove materie per cui non è prevista la definizione dei Lep – ha sottolineato Zaia – alle quali si affiancano quelle previste nella pre-intesa siglata nel 2018. Siamo i primi a farlo: il Veneto è pronto». Il presidente del Veneto chiede appunto anche una «prima indagine dei più complessi profili di attribuzione» sulle materie Lep inserite nella pre-intesa: politiche del lavoro, istruzione, salute, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. E indica quella che potrebbe essere una materia «da trattare subito»: «Ad esempio nei provvedimenti di Protezione civile, tra le funzioni si potrebbe chiedere la possibilità per il presidente di regione di fare ordinanze in deroga e alcuni provvedimenti che oggi dobbiamo attendere al livello nazionale. Pensiamo anche al tema delle autorizzazioni ambientali». Dalle regioni del Sud anche a guida centrodestra sono arrivate parole preoccupate dopo l’approvazione della legge? Zaia propone «un gemellaggio per testare assieme la riforma». Altro che gemellaggio con una regione meridionale, commenta il presidente forzista del Piemonte, Alberto Cirio: «In Piemonte abbiamo già un gemellaggio naturale con il Sud, qui vivono già tante genti del Sud, quindi non abbiamo bisogno di proporre un gemellaggio, qui c’è l’Italia». Per non patire l’autonomia basta trasferirsi tutti in Piemonte… Anche il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, si dice pronto: «Abbiamo fatto tutti i compiti. Dovrò parlare con il ministro Calderoli e con il governo per concordare quali possano essere le materie».

LE CINQUE REGIONI a guida centrosinistra si attivano sul fronte del referendum abrogativo e in settimana dovrebbero tenere un primo incontro per dar vita al Coordinamento che elaborerà il testo del quesito. Il tempo stringe anche perché per chiedere il referendum c’è bisogno di tutte e cinque le regioni e tra una decina di giorni il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini si dimetterà in vista dell’insediamento al parlamento europeo, il 16 luglio.

IL CONSIGLIO REGIONALE della Campania si riunirà lunedì prossimo per votare la richiesta di indizione del referendum, ma curiosamente il presidente della regione, Vincenzo De Luca, annuncia anche che chiederà «incontri al governo per definire su quali materie avere un decentramento di competenze» perché «la battaglia si fa contro l’autonomia differenziata, ma anche contro la palude burocratica romana che paralizza e blocca tutto. Tutto quello che può essere decentrato nei territori va decentrato. Tutto quello che produce rottura dell’unità nazionale, del sistema sanitario nazionale, della scuola pubblica va combattuto e contrastato in maniera esplicita». Per Piero De Luca, deputato dem figlio di Vincenzo, va invece portata avanti una «battaglia epocale perché dobbiamo difendere il futuro del nostro territorio». Contraddizioni in seno alla famiglia.

«Avevamo chiesto a Giorgia Meloni di non firmare nessuna intesa prima della definizione dei Lep. Vedremo quello che succede, anche alcuni presidenti di regione del centrodestra hanno rivolto critiche alla riforma. Ma è necessario contrastare in tutti i modi l’attuazione di questa legge», dice il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia a proposito della corsa di Zaia, sollecitando l’organizzazione del fronte referendario «sia a livello di partiti, associazioni, società civile e parti sociali, sia sul fronte delle 5 regioni che governiamo». E il tavolo dei comitati «No Ad» lancia l’allarme: «Siamo a un passo dalla concretizzazione della secessione dei ricchi».