Il governo, con approvazione del DdL Calderoli, ha reso pubblico il dibattito sulla Autonomia differenziata (AD) consentendo alle voci critiche, che da anni si oppongono al progetto e ne denunciano i rischi sulla tenuta sociale e democratica del paese, di trovare la giusta attenzione mediatica – che il manifesto su questo ha sempre avuto. Crescente è la preoccupazione dei cittadini, provati dalla crisi pandemica e economica, e dei sindaci ufficializzata dalla lettera del Presidente dell’Anci.

PREOCCUPAZIONI EMERSE anche nel discorso di fine anno del Presidente Mattarella quando ha riconosciuto al Servizio Sanitario nazionale (SSN), che «va rafforzato», la funzione di presidio «insostituibile» della unità del paese e ha stigmatizzato i divari territoriali che «feriscono il diritto alla uguaglianza» dei cittadini. Con due richiami forti alla Costituzione per una uguaglianza sostanziale e non formale (Calamandrei) e per l’uniformità del diritto alla salute (Tina Anselmi). In un periodo in cui la promessa della uguaglianza è vanificata dall’aumento delle disuguaglianze, bisogna riaffermare i diritti fondamentali, perché i diritti parlano, sono lo specchio e la misura della ingiustizia e uno strumento per combatterla.

L’AUTONOMIA differenziata (Ad), frutto avvelenato di una improvvida modifica del Titolo V, il presidenzialismo e un più spinto Regionalismo Sanitario, agevolato da leggi che hanno snaturato i principi del SSN, se realizzati assesterebbero un colpo mortale alla Costituzione nata dalla Resistenza e consegnerebbero un paese «balcanizzato», caratterizzato dal predominio del mercato che si nutre delle disuguaglianze tra cittadini, territori e categorie. L’ideologia unificante è il neoliberismo che considera immutabili i rapporti di classe e le disuguaglianze e che si realizza attraverso la «mistica del mercato e della austerità» – come denunciava aGallino – intesa come supremazia dei dogmi economici sulla politica.

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Il percorso che ha reso diseguale il diritto alla salute ed ha scardinato gli equilibri istituzionali è cominciato agli inizi anni ’90 del secolo scorso. La salute da diritto fondamentale ed universale è diventata un costo tra i tanti dello Stato e il Sistema Sanitario che dovrebbe garantirla ai cittadini è divenuto un prodotto del mercato.

LA MERCIFICAZIONE della salute ha comportato la sostituzione dell’universalismo della offerta sanitaria, fondata sui bisogni e sui diritti, con la selettività della offerta, in considerazione del maggior profitto, privilegiando la prestazione rispetto alla presa in carico e alla relazione di cura, trasformando i cittadini in clienti/consumatori. Si è avviato un percorso «contro riformatore» con interventi normativi che hanno modificato e destrutturato la 833, la riforma sanitaria del 1978

Sono stati introdotti la aziendalizzazione, che ha ridotto gli spazi di democrazia partecipativa, il pagamento tariffario a prestazione delle patologie con i DRG (Gruppi omogenei di diagnosi), che premia la malattia e penalizza la prevenzione, elementi di profitto che hanno abituato i cittadini a considerare normale il canale di accesso privatistico alle prestazioni sanitarie anche nella sanità pubblica con la libera professione intramoenia, i fondi sanitari integrativi con agevolazioni fiscali che sottraggono ulteriori risorse allo Stato.

Si è determinato un cambio di paradigma con il passaggio da un diritto di tutela della salute costituzionalmente garantito a un diritto finanziariamente condizionato. Negli stessi anni inizia ad affermarsi nel rapporto tra centro e periferia un modello autonomista di tipo «competitivo» lontano da quello delineato in Costituzione che è di natura «solidale», perché le Regioni rispondevano ad un principio di «diversificazione» e non di «competizione» tra i livelli istituzionali.

A QUESTO PUNTO è necessario invertire la rotta, bisogna criticare e intervenire sugli errori del passato: la modifica del Titolo V, le leggi che hanno destrutturato la 833/78, il decentramento sanitario, il pareggio in bilancio.
Bisogna costruire una rete territoriale per promuovere iniziative con l’obiettivo di opporsi alla eversiva proposta di AD, al Presidenzialismo e alla devoluzione del SSN in 20 sistemi diversi per ricondurre allo Stato centrale la Sanità e favorire la cultura della salute, non il mercato delle prestazioni

QUESTO COMPITO, come emerso nel percorso congressuale, spetta alla Cgil, Sindacato Confederale Generale che praticando «valori sociali condivisi» (ci ricorda Di Vittorio) mira alla emancipazione della persona attraverso la tutela dei diritti costituzionali di cittadinanza, per costruire un grande movimento popolare che metta al centro la dignità delle persone, la difesa dei diritti, la lotta alle disuguaglianze, la giustizia sociale per un nuovo modello sociale di sviluppo e di democrazia, come afferma il Segretario generale della Cgil Maurizio Landini.

* Segretario Sanità Pubblica e Dirigenza SSN Fp Cgil Campania