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Autonomia differenziata, strategia di resistenza per l’opposizione

Autonomia differenziata, strategia di resistenza per l’opposizioneUn'opera di Alberto Burri

Il nodo Sul testo Calderoli pesano centinaia di emendamenti, alcuni della stessa maggioranza. È l’occasione per riportare le decisioni di merito sulle intese e sui Lep in parlamento

Pubblicato circa un anno faEdizione del 3 agosto 2023

A Cervia è andato in scena un cabaret leghista. Zaia attacca, parlando di «cocci» in caso di fallimento sull’autonomia differenziata. Segue Calderoli che rassicura, mentre Salvini tace sul tema.

Forse, un copione concordato, e non ci interessa. Ma le possibili ripercussioni ci riguardano. L’uscita di Zaia indica che la Lega vuole mantenere l’autonomia differenziata nell’agenda di governo. Con un effetto collaterale di trascinamento per il presidenzialismo/premierato (ora con l’assist di Renzi e il suo sindaco d’Italia).

I due temi si tengono. Il primo tempo della partita arriva alle europee 2024, ed è questo il motivo per cui Calderoli fa continuo riferimento all’inizio di quell’anno. Il secondo va al prossimo voto politico nazionale. La posta in gioco per le europee è chiarire qual è il soggetto politico oggi dominante nel Nord, quello nel voto politico chi avrà il vero controllo del timone a Palazzo Chigi.
Non c’è da sperare che tutto si fermi con una mozione degli affetti per la Costituzione, travolta dal disegno riformatore in campo. Del resto, se il paese avesse davvero inteso difendere fino in fondo la Carta, non avrebbe dato la vittoria alla destra il 25 settembre 2022. Né è bastato il quadro negativo emerso dal ciclo di audizioni svolto in I Commissione Senato. Si richiedono strategie più articolate.

Calderoli ha fatto con diligenza il suo compito. Ha aperto con un dossier il mercatino delle funzioni nelle 23 materie di autonomia differenziata. Nell’Atto senato 615 ha impostato la trattativa su sé stesso e gli esecutivi regionali, emarginando parlamento ed enti locali. Per i Lep, con l’assist soi-disant tecnico del Comitato per i livelli essenziali (Clep) ha perseguito un ridotto ambito di applicazione e un downgrade dell’atto che determina il contenuto, fino – a quanto si legge – al livello di singoli decreti ministeriali. Quali sono i punti per lui deboli? In sostanza, due.

Il primo è che sul disegno di legge 615 pesano centinaia di emendamenti, alcuni della stessa maggioranza. Chi si oppone o dubita ha certamente l’occasione per ridisegnare il modello Calderoli, ad esempio riportando le decisioni di merito per intese e Lep nell’aula parlamentare, come sarebbe politicamente appropriato e più coerente con l’impianto costituzionale. La mozione dell’opposizione a firma De Cristofaro, Majorino, Giorgis e altri da ultimo approvata con voto separato in alcune parti, apre qualche spazio. Si vedrà.

Il secondo è che un disegno di legge approvato a inizio 2024 può servire a poco alla Lega, perché non è l’atto che concede l’autonomia, ma solo una promessa che l’autonomia verrà poi, con le intese tra stato e le singole regioni. E se Calderoli, non appena approvata la legge, volesse portare nell’agone elettorale qualcosa di più concreto, ad esempio qualche bozza sia pure del tutto preliminare di intesa?

È possibile che ci siano già interlocuzioni in atto. Sarebbe utile una strategia di interrogazioni ad altri ministri per sapere quali funzioni pensano che debbano essere trattenute al centro tra quelle che il ministero delle autonomie nel suo dossier elenca nelle materie di autonomia differenziata. O chiedere in quali ambiti debbano essere applicati i Lep, a quale livello e con quali costi. Le risposte potrebbero essere spese nei molti mondi che hanno manifestato ostilità o diffidenza verso l’autonomia differenziata. E già una mancata risposta sarebbe in sé politicamente significativa.

È anche importante ricordare che il paese può essere disarticolato senza autonomia differenziata, per i gravi errori nella riforma 2001 del Titolo V. La prova è il dissolvimento del servizio sanitario nazionale, di cui potremmo vedere un remake in altri ambiti. Perciò va posta attenzione alla riscrittura degli articoli 116 e 117 della Costituzione, a partire dal disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare, arrivato in Senato con oltre centomila firme e ora assegnato alla I Commissione, con altri di iniziativa parlamentare.

Nell’attuale fase, la forza della Costituzione va ricostruita, e non data per scontata. È essenziale a tal fine mantenere alta la pressione nell’istituzione parlamento, per accrescere al di fuori di essa consapevolezza e adesione. È per questo che il parlamento viene definito come organo di teatro, perché parla al paese, che in esso si rappresenta. Ed è anche il modo migliore per evitare che degradi in teatrino.

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