Autonomia, al senato piovono critiche
Le audizioni in commissione Costituzionalisti, ma anche banche e Confindustria, attaccano il progetto del ministro Calderoli. Domani arrivano le firme al disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare. Intanto il presidente del Coordinamento, Villone, porta ai senatori i suoi emendamenti per mettere dei limiti alla devoluzione e salvare il ruolo del parlamento
Le audizioni in commissione Costituzionalisti, ma anche banche e Confindustria, attaccano il progetto del ministro Calderoli. Domani arrivano le firme al disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare. Intanto il presidente del Coordinamento, Villone, porta ai senatori i suoi emendamenti per mettere dei limiti alla devoluzione e salvare il ruolo del parlamento
È la seconda settimana di audizioni in commissione affari costituzionali del senato e il disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata continua a prendere colpi. Andrà avanti così fino al 6 gennaio, quando in conclusione sarà ascoltato anche il servizio bilancio del senato che ha scritto la nota critica che ha fatto inviperire il ministro per gli affari regionali. Ieri a demolire in radice lo strumento scelto dal ministro della legge ordinaria per disegnare la cornice entro la quale inserire le intese stato-regioni, cornice giudicata inadeguata e instabile, sono stati diversi costituzionalisti, da Calvano a Villone, da Azzariti a De Siervo, anche Staiano ha avanzato dubbi sullo strumento legislativo scelto.
Ma la giornata di audizioni ieri è cominciata con l’intervento del vice presidente di Confindustria Grassi, il quale ha definito astrattamente condivisibile l’autonomia differenziata, a patto però di una «concreta» attuazione del «principio di perequazione al fine di compensare gli squilibri sofferti dai territori con minore capacità fiscale». Condividendo «i timori di chi ritiene che il raggiungimento di questi obiettivi, in assenza di uno stanziamento aggiuntivo di risorse, possa non risultare scontato». Come sia possibile concedere alle regioni più ricche di trattenere quote maggiori di tributi, senza impoverire ulteriormente le regioni più povere e senza aumentare le spese per lo stato centrale – così promette il disegno di legge – evidentemente è un dubbio che è venuto anche a Confindustria. Intanto dall’esterno del senato è arrivato sempre ieri l’allarme dell’Associazione bancaria italiana, che in un documento ha ricordato come prevedere competenze regionali in materia bancaria si ponga in contrasto con la regolamentazione che ormai è di livello europeo.
Nella sua audizione Villone ha proposto anche alcuni emendamenti al disegno di legge Calderoli, sia per far recuperare spazio di azione al parlamento, altrimenti emarginato nel disegno attuale, sia per mettere dei limiti al progetto di autonomia. «Grazie al lavoro del ministero di Calderoli che ha elencato oltre 500 funzioni statali» astrattamente delegabili dallo stato alle regioni «possiamo adesso guardare dentro le materie», quelle indicate dall’articolo 117 della Costituzione. In pratica Villone rovescia contro Calderoli il lavoro dei suoi uffici, prevedendo, con gli emendamenti, un divieto assoluto al governo di trattare la devoluzione per alcune funzioni, un divieto relativo per altre, mentre per alcune funzioni residuali resterebbe la possibilità di trattare. Villone è anche presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale che domani consegnerà in senato le firme raccolte per un disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare che ha la stessa finalità di bloccare la devoluzione regionale (ne servivano 50mila, sono più del doppio). Questa legge costituzionali sarà discussa in parallelo a quella ordinaria firmata da Calderoli, mentre gli emendamenti alla legge quadro proposti da Villone saranno certamente presentati dal gruppo di Alleanza sinistra-verdi e sono giudicati interessanti anche dal Pd. «Anche se – dice il senatore e costituzionalista del Pd Giorgis – io continuo a sperare che di fronte alla quantità e qualità di critiche al suo progetto di autonomia differenziata il governo a un certo punto decida di fermarsi». In ogni caso c’è ancora un bel po’ di strada da fare per arrivare ai primi voti in commissione.
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