«La battaglia per il futuro dei media è cominciata». È l’attacco del pezzo di copertina del supplemento business del «New York Times» di ieri, a seguito della notizia che il giudice federale del tribunale di Washington, Richard J. Leon, ha aperto la via alla fusione tra AT&T e Time-Warner bocciando clamorosamente la causa che il governo USA aveva intentato contro il matrimonio tra il gigante della telefonia e quello mediatico.

L’affare, valutato intorno agli 85 miliardi di dollari, riflette le esigenze dettate del nuovo mercato dello streaming, che ha preso il sopravvento sull’industria del cavo di cui Time Warner è stato uno dei grandi esponenti; e permetterà al grande magazzino di contenuti prodotti dalla Warner Bros, da Cnn, Hbo, Cinemax e dalle altre proprietà del conglomerate di competere nel mondo di Netflix, Amazon e YouTube. Certo, usare la parola competizione di fronte a un trend sempre più preoccupante di mega-consolidamenti mediatici come questo fa almeno sorridere. Dopo il via libera a AT&T e Time-Warner, sarà inevitabile la fusione tra Fox e Disney, o Fox e Comcast, l’acquirente rivale.

Fa ancora più sorridere -ed è un’ennesima prova del potere distruttivo di questo presidente- che grazie al coinvolgimento personale di Trump il dibattito su questo merger sia sostanzialmente capovolto – con parecchi repubblicani (fan storici del libero mercato) che sono contrari e parecchi democratici (difensori storici del pluralismo e delle leggi antitrust) che sono a favore. Trump aveva «fatto sua» la questione con dichiarazioni pubbliche e via Twitter adducendo -contro il merger – il pericolo di troppa concentrazione mediatica, dietro a cui stavano probabilmente la sua feroce antipatia per Cnn, e il presidente della rete, Jeff Zucker.

Ma il presidente non aveva manifestato la stessa preoccupazione nei confronti della vendita della Fox alla Disney -un affare di cui beneficerebbe grandemente il suo amico Rupert Murdoch, e che coinvolge un altro potente news channel, Fox News. D’altra parte, aspettarsi integrità, o perlomeno coerenza, da Trump è una perdita di tempo e di energia. Il merger tra AT&T e Time-Warner non è una sconfitta di Donald Trump. È solo un’ennesima vittoria di Wall Street e delle banche