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«Atac resti pubblica», asse M5s-sinistra

«Atac resti pubblica», asse M5s-sinistraUn deposito di autobus dell'Atac a Roma

Roma La giunta Raggi verso l’allungamento del contratto di servizio. Fassina: «E' l'unica strada possibile. Ma il referendum dei Radicali si faccia. Chi vuole il bando non si rende conto della catastrofe occupazionale che produrrebbe»

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 19 agosto 2017

Su un punto sono tutti d’accordo: così Atac non può andare avanti. Ogni giorno che passa arriva qualche nuova tegola sulla municipalizzata dei trasporti del Comune di Roma. Il quadro debitorio (il totale storico viene stimato in 1,35 miliardi) è sempre più grave: ieri ad esempio si è scoperto che ha oltre 23 milioni di passivi con l’Agenzia delle entrate, frutto di ben 12 cartelle di pagamento ancora non saldate.
A dividere invece è la strada da imboccare per il futuro. Da una parte ci sono i Radicali, la quasi totalità del Pd e tutti liberisti (fra cui il ministro Carlo Calenda) che chiedono la «messa a bando del servizio» e quindi una quasi certa privatizzazione, forti delle 33mila firme raccolte per un referendum consultivo da tenere sul tema nella primavera 2018. Dall’altra la giunta M5s, Sinistra Italiana e buona parte dei sindacati che invece vogliono mantenere il controllo pubblico del trasporto capitolino.
Questa seconda strada ha una strategia obbligata: il concordato preventivo per l’attuale società e – per corollario – l’allungamento del contratto di servizio, in scadenza a fine 2018. L’ipotesi è allo studio da tempo ed era considerata necessaria anche da Bruno Rota, l’ad (ex Atm Milano) che si è dimesso a fine luglio per i contrasti con la giunta pentastellata dopo le interviste in cui denunciava la situazione gravissima e il rischio di non riuscire a pagare gli stipendi.
Ora la palla è passata al nuovo ad Paolo Simoni che ha assorbito anche la carica di presidente facendo di fatto fuori anche l’amministratore unico Manuel Fantasia. L’assessore ai Trasporti Linda Meleo ci lavora da tempo ma per una decisione politica così pesante e così complessa dal punto di vista amministrativo serve la presenza del sindaco Virginia Raggi che tornerà lunedì al lavoro in Campidoglio dopo le polemiche per la sua lunga assenza, quando – ha sempre specificato il Campidoglio – non è in programma alcun Cda di Atac.
Che i tempi siano stretti lo conferma anche l’annuncio del assessore al Bilancio – rimasto in sella nonostante la possibile riduzione delle deleghe – Andrea Mazzillo: «Atac e Ama sono società partecipate rilevanti e per questo entreranno nel bilancio consolidato della Capitale» che andrà approvato entro il 30 settembre.
L’ipotesi più accreditata è quella di allungare il contratto di servizio fra Comune e Atac – formalmente azienda in house – al 2024. In questo modo i tanti creditori sarebbero garantiti dal maggior tempo a disposizione e dalla possibilità di spalmare il recupero su più anni, allontanando lo spettro di richiesta di fallimento.
Su questa posizione si ritrova anche il consigliere comunale ed ex candidato sindaco di Sinistra per Roma Stefano Fassina. Ironia della sorte, Fassina appoggiò e raccolse le firme assieme ai Radicali per chiedere un referendum consultivo sulle Olimpiadi Roma 2024. «In verità stiamo raccogliendo ancora le firme assieme per dare la cittadinanza ai migranti – spiega – e io ribadisco che è giusto che il referendum si tenga: reputo i Radicali persone serie ma sui temi economici hanno oggettivamente posizioni di destra».
Qui Fassina si smarca già dalle posizioni dei grillini. Molti infatti sostengono che la mossa di allungare il contratto serva anche a non far tenere il referendum dei Radicali. «La procedura democratica va salvaguardata fino in fondo, noi ci prepariamo a fondare il comitato per il No. Il problema è politico: i Radicali giocano al tanto peggio, tanto meglio perché non si rendono conto della catastrofe occupazionale che produrrebbe il fallimento di Atac (che oggi ha 11.878 dipendenti, ndr). In più la messa a gara nel 2018 – continua Fassina – produrrebbe inevitabilmente uno strutturale ridimensionamento del servizio per i cittadini e un bagno di sangue per i creditori e le aziende dell’indotto. Noi vogliamo un cambiamento radicale, una riorganizzazione totale dell’azienda ma mantenendo la gestione pubblica. È la posizione che abbiamo sempre avuto, era nel nostro programma in campagna elettorale e l’abbiamo costruita confrontandoci con i lavoratori di Atac e con i sindacati, puntando ad un modello di gestione in linea con tutte le altre capitali europee che fanno profitti». In questo modo Fassina poi risponde a chi ne critica la posizione come «stampella» della Raggi e del M5s. «Noi abbiamo sempre guardato al merito delle questioni e denunciato le evidenti carenze ed inadeguatezze della giunta Raggi. A giugno abbiamo perfino fatto un esposto al Prefetto contro De Vito non ha fatto parlare i lavoratori delle multiservizi in assemblea capitolina. Il problema è che l’inadeguatezza della Raggi non può essere la scusa per compromettere definitivamente l’Atac e in questo modo il futuro della città», conclude.

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