Assessori cercasi. La giunta pentastellata non c’è ancora
Roma Il direttorio capitolino in difficoltà a 48 ore dall'annuncio della squadra. Raggi: «Se eletta potrò fare un solo mandato. Sono già stata consigliera»
Roma Il direttorio capitolino in difficoltà a 48 ore dall'annuncio della squadra. Raggi: «Se eletta potrò fare un solo mandato. Sono già stata consigliera»
Mancano quarantotto ore all’evento di Ostia che chiuderà definitivamente la campagna elettorale per il ballottaggio. Prima di allora, la candidata Virginia Raggi ha promesso che comunicherà ai romani la sua «squadra», la giunta che amministrerà Roma in caso di vittoria del Movimento 5 Stelle. Il direttorio romano è ancora in difficoltà: il nome certo è soltanto quello di Paolo Berdini all’urbanistica. Berdini avrebbe chiesto garanzie circa una moratoria degli sgomberi, e la risposta di Raggi sarebbe stata affermativa. D’altro canto, a proposito di legalità e questioni sociali, la candidata pentastellata negli incontri privati coi possibili futuri assessori ha tenuto a mettere in chiaro che attuerà una politica di «tolleranza zero» verso i rom.
Il dato è che per il momento l’ipotetica giunta Raggi è decisamente schierata a sinistra: il civismo trasversale di Raggi non trova personaggi di destra disponibili. Lo storico dell’arte Tomaso Montanari, l’altro giorno ha rifiutato l’offerta di entrare in giunta con la delega alla cultura sottolineando che «se i Cinque Stelle si libereranno da ogni ombra di controllo privato e dalla tentazione di un populismo di destra, il Paese non avrà che da guadagnarci». Per l’assessorato alla cultura Montanari avrebbe fatto il nome di un altro «tecnico» collocabile a sinistra: lo scrittore Christian Raimo. Interrogata sul tema, la deputata Roberta Lombardi, del direttorio, ha confessato candidamente di non conoscere Raimo. Il fatto è che per la cultura si sta cercando una donna: fioccano curriculum, rinunce, ricerche febbrili.
Per l’assessorato alla semplificazione spunta il nome di un personaggio che ha collaborato attivamente con il centrosinistra negli anni scorsi: è Luca Bergamo, uno degli ideatori della rassegna «Enzimi» durante gli anni dell’amministrazione Veltroni. Bergamo nei mesi scorsi si era impegnato nel tentativo (poi tramontato) di costruire una lista civica e aveva dato appuntamento agli interessati all’ex Dogana dello Scalo di San Lorenzo. Lo stesso posto – al centro di trame speculative – che oggi ospita il comitato elettorale di Roberto Giachetti. La casella del bilancio è ancora vuota. Circola il nome di Marcello Minenna, dirigente Consob e membro della «segreteria tecnica» del commissario uscente Tronca. Raggi dice di voler rinegoziare i tassi d’interesse sul debito. «Sarà Cassa depositi e prestiti, uno dei principali finanziatori di questo debito, a prendersi la responsabilità di dire che non vuole allineare i tassi d’interesse all’interesse del mercato». Dal canto suo, il quotidiano economico Milano Finanza elogia la capacità dei pentastellati nel risanare i bilanci «anche grazie a una seria riduzione della spesa corrente».
Beppe Grillo osserva da lontano. Sarà a Roma sia per il giorno del comizio finale che la sera dello spoglio elettorale. Ma non è detto che vi prenda parte. Tutto dipende dalla volontà di non «oscurare» la candidata al Campidoglio, in linea con quanto è avvenuto fino ad adesso. Al fianco di Raggi, dicono dal M5S, ci saranno «tutti i ragazzi»: i deputati e i senatori romani oltre ai membri del direttorio. Grillo sarà certamente presente durante gli eventuali festeggiamenti post voto. Ma soltanto allora. Prima, il leader intende lasciare spazio a Di Battista, Di Maio e, pare, a Davide Casaleggio, finora rimasto nell’ombra.
Parlando al pubblico nazionalpopolare del settimanale Oggi, Raggi dice: «Grillo e Casaleggio sono stati i fondatori di un movimento che ha riavvicinato gli italiani arrabbiati a un nuovo modo di fare politica. Ma noi che lavoriamo nelle istituzioni non siamo Grillo». È la fotografia di un M5S in trasformazione, spesso caotica. Dopo aver di fatto ammorbidito alcuni dei tratti identitari della prima fase (la restituzione dello stipendio è ormai ridotta a una piccola quota simbolica, la promessa di rendere tutto trasparente e di ricorrere a votazioni online frequenti è largamente ignorata), Raggi ha ribadito la regola «anticasta» dei «due mandati e poi a casa» in un’intervista a Rolling Stone: «Il primo mandato l’ho già fatto da consigliera – annuncia – Il prossimo sarà quindi l’ultimo. Anche se eletta non mi potrò ricandidare».
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