Bashar Assad ieri ha ringraziato il leader algerino Abdelmadjid Tebboune tra i più attivi nel chiedere il reintegro della Siria, dopo 12 anni, nel consesso dei 22 paesi della Lega araba, deciso alla riunione straordinaria dei ministri degli esteri arabi tenuta domenica al Cairo. Damasco ha rivolto ringraziamenti anche ad altre parti arabe. Sorrisi e dichiarazioni a parte, il presidente siriano sa che il successo politico e diplomatico appena conseguito, per il momento è solo un pezzo di carta. E pertanto non cesserà del tutto l’isolamento del suo paese cominciato nel 2011 quando le proteste popolari contro il governo di Damasco si trasformarono in guerra – che ha fatto centinaia di migliaia di morti e feriti e milioni di profughi e sfollati – tra potenze regionali e internazionali che ha fornito una ghiotta occasione per entrare in scena ad Al Qaeda e all’Isis.

L’Ue ha già fatto sapere che non ci sarà normalizzazione dei rapporti con la Siria senza una soluzione politica in linea con le risoluzioni dell’Onu, ha detto a Bruxelles il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano. Persino più rigida è la posizione degli Stati uniti. Per i governi europei e l’Amministrazione Biden la «soluzione politica» è la rimozione, in un modo o nell’altro, di Assad dal potere. Protesta per la riammissione della Siria nella Lega araba la Coalizione nazionale siriana, che afferma di rappresentare l’opposizione in esilio al governo di Damasco ma che non è stata consultata dai ministri degli esteri arabi prima della riunione in Egitto. Lo status della Siria resta complicato nel mondo arabo nonostante la normalizzazione in atto. Il Qatar, sponsor dei Fratelli musulmani siriani nemici di Assad, si è lungamente opposto al reintegro di Damasco e alla fine è riuscito ad ottenere la formazione di una commissione ministeriale araba incaricata di seguire la realizzazione della dichiarazione di Amman – un documento elaborato durante un incontro del primo maggio scorso in Giordania – e di raggiungere con il metodo del «passo dopo passo» l’attuazione della risoluzione numero 2254 del Consiglio di sicurezza dell’Onu che, a conti fatti, punta alla rimozione di Assad. Allo stesso tempo i paesi membri della Lega araba si dicono impegnati a preservare la sovranità, l’integrità territoriale della Siria affrontando le conseguenze a livello umanitario, politico e di sicurezza nella regione con riferimento ai flussi di rifugiati, al terrorismo e al traffico di sostanze stupefacenti.

Di fatto, proprio le condizioni poste al Cairo ostacolano il progetto di alcuni paesi arabi di far uscire, usando la normalizzazione e la ripresa dei rapporti economici, la Siria dall’orbita iraniana e russa. Assad non si fida dei «fratelli arabi» appena ritrovati e, firmando il 3 maggio il programma di cooperazione strategica globale tra Teheran, ha lasciato capire che non intende cambiare le sue alleanze. Le relazioni Iran e Siria, peraltro, si sono ulteriormente rafforzate con il recente viaggio a Damasco del presidente dell’Iran, Ibrahim Raisi. Teheran vuole fare del suo rapporto con Damasco un modello dell’approccio iraniano alle relazioni con qualsiasi Stato, mentre Assad vuole mettere in chiaro che il crescente riavvicinamento con gli Stati arabi non influirà sull’alleanza strategica con l’Iran. Le due parti hanno firmato un accordo per espandere le linee di credito – per un totale di cinque miliardi di dollari – della Siria con l’Iran per coprire la costruzione e lo sviluppo di centrali elettriche e raffinerie di petrolio.

Teheran intende mantenere le sue postazioni e i suoi consiglieri militari all’interno del territorio siriano che gli consentono di osservare e restare a ridosso delle linee di demarcazione con Israele. E nulla cambierà anche nei rapporti tra Damasco e Mosca. Anche in questo caso oltre all’alleanza militare tra i due paesi, Assad è consapevole di dover restituire, presto o tardi, alla Russia 17 miliardi di dollari spesi principalmente in armi, munizioni, manutenzione di aerei da combattimento e spedizioni di petrolio e grano. Durante la sua visita a Mosca a marzo, Assad è arrivato a chiedere l’espansione delle basi e delle forze militari russe in Siria.