La Russia torna ad accusare la Nato di combattere una guerra per procura in Ucraina mentre l’Unione europea serra i ranghi. «Il presidente Putin voleva dividerci ma ha fallito», ha dichiarato il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg nella conferenza stampa che ha concluso il terzo protocollo di collaborazione tra Nato e Ue.

«Approfondiremo la nostra eccellente cooperazione e la estenderemo a nuovi settori», ha aggiunto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a proposito del «livello superiore» a cui la collaborazione tra le due istituzioni sarà estesa.

DA MOSCA AVEVA parlato Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza russo, in un’intervista al giornale russo Argumenty i Fakty: «È uno scontro militare tra la Nato, soprattutto Stati uniti e Inghilterra, e la Russia. Temendo il contatto diretto, gli istruttori della Nato stanno portando i ragazzi ucraini a morte certa».

In altri termini, l’entourage di Vladimir Putin insiste sul fatto che il vero oppositore delle ambizioni territoriali di Mosca non sia il governo di Kiev ma l’Occidente. Anche per questo il ministro della difesa russo Sergei Shoigu ha tuonato sull’ampliamento dell’arsenale a disposizione delle sue truppe.

«I nostri piani immediati includono l’espansione degli arsenali delle moderne armi d’attacco», ha detto Shoigu all’agenzia Ria Novosti, insistendo sull’importanza di sviluppare contemporaneamente l’arsenale nucleare terrestre, navale e aereo e mantenere efficiente lo scudo nucleare che «è stato e rimane il principale garante della sovranità e dell’integrità territoriale del nostro Paese».

TUTTAVIA, secondo le dichiarazioni di anonimi funzionari statunitensi e ucraini raccolte dalla Cnn, il fuoco russo sarebbe decisamente diminuito d’intensità negli ultimi giorni. In alcune aree (che non comprendono Bakhmut e Soledar) il media americano parla addirittura del 75% in meno.

Il perché del calo sostanziale non è noto, ma gli analisti occidentali vi hanno subito trovato la conferma della tesi secondo cui i depositi di munizioni del Cremlino si starebbero svuotando, soprattutto nelle aree vicino al fronte. Certo è che ieri il colonnello generale Aleksandr Lapin è stato nominato nuovo capo delle forze di terra russe.

SUGLI ARSENALI anche i Paesi della Nato sono in difficoltà. Lo ha ammesso lo stesso Stoltenberg, ammettendo che «i Paesi della Nato e dell’Ue hanno esaurito le loro scorte per fornire aiuti all’Ucraina». Quindi, secondo Stoltenberg, «nel lungo periodo, la soluzione ora è aumentare la produzione di armamenti e i ministri della Difesa della Nato hanno preso la decisione di aumentare lo stock».

Al momento, però, gli alleati dell’Ucraina sembrano poco preoccupati da questa penuria: secondo Politico Francia e Polonia stanno tentando di fare pressioni alla Germania per la fornitura di carri armati Leopard all’Ucraina. Il 22 gennaio, Parigi e Berlino terranno un incontro bilaterale nel quale il conflitto in Ucraina avrà un ruolo da protagonista, due giorni dopo l’ottavo vertice di Rammstein.

Gli Stati uniti, inoltre, starebbero prendendo in considerazione l’invio di altri veicoli corazzati da combattimento di tipo «Stryker», dopo i 50 «Bradley» approvati da Biden la settimana scorsa. Secondo alcune indiscrezioni, gli «Stryker» potrebbero far parte della prossima tranche di aiuti annunciata dalla Casa bianca. Il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, ha annunciato che il suo Paese fornirà a Kiev i sistemi di artiglieria «Archer» dei quali si era discusso nei mesi passati. Anche la Lettonia invierà nuovi lotti di missili antiaerei «Stinger».

PER QUANTO riguarda l’Italia, invece, ci sarebbero «questioni tecniche» da risolvere, ad esempio che un’eventuale fornitura immediata della contraerea potrebbe lasciare sguarnito il Paese. Il ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani, ha dichiarato ieri mattina alla trasmissione a Radio 1 che Roma sta concordando con i vicini francesi l’eventuale invio del cosiddetto scudo per la difesa aerea a Kiev ma «ci sono dei problemi tecnici da risolvere, tecnici per quanto riguarda gli aspetti militari».