Il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea), Rafael Mariano Grossi, assieme ad alcuni collaboratori, si è recato nella centrale nucleare di South Ukraine per creare una rete di supporto e assistenza tecnica nelle centrali nucleari ucraine.

La missione ha anche lo scopo di appianare le divergenze creatasi tra i vertici delle agenzie nucleari ucraine, dopo che l’Energoatom e la Snriu (l’Ispettorato per la Regolamentazione della Sicurezza Nucleare) hanno più volte accusato la dirigenza dell’Aiea di essere troppo morbida nei confronti della Russia.

Frequentemente lo stesso presidente della Energoatom, Petr Kotin, ha criticato l’agenzia internazionale di non agire a sufficienza per garantire la sicurezza delle centrali nucleari ucraine giungendo anche a biasimare l’Aiea di essere succube di Mosca.

I dirigenti ucraini non hanno digerito i comunicati emessi dall’Agenzia atomica internazionale all’indomani dell’occupazione russa delle centrali nucleari di Chernobyl e di Zaporizhzhia, che smentivano i toni allarmistici, i proclami di pericoli di incidenti e fughe radioattive fatte dal governo di Kiev.

Durante gli incontri con Grossi, il presidente della Snriu Oleg Korikov ha riproposto le condizioni ucraine per la salvaguardia delle centrali nucleari: una zona di esclusione entro un raggio di 30 km attorno alle quattro centrali nucleari operative in Ucraina, l’allontanamento dei dipendenti della Rosatom presenti a Zaporizhzhia e l’esclusione dei rappresentanti di Russia e Bielorussia da processi decisionali riguardanti l’Ucraina all’interno dell’Aiea e da ogni commissione internazionale che verrà inviata nelle centrali. Condizioni che difficilmente potranno essere accolte in toto.

La visita dell’Aiea è stata preceduta, non a caso, dall’iniziativa della vicepremier e ministra della Reintegrazione dei Territori temporaneamente occupati dell’Ucraina, Iryna Vereshchuk che il 27 marzo ha proposto per Chernobyl la creazione di una zona demilitarizzata controllata da un contingente di Caschi blu delle Nazioni Unite con il compito di prendere possesso e proteggere il sito oggi sotto controllo russo.

Secondo le informazioni rilasciate da Vereshchuk, i russi avrebbero accumulato nella città di Pripyat armi e munizioni che, in caso di esplosione, potrebbero danneggiare il sito, distante un paio di chilometri.

Non è la prima volta che le autorità ucraine lanciano segnali di allarme per Chernobyl: recentemente i servizi segreti del ministero della Difesa hanno rivelato un presunto piano terroristico ordito da Mosca per sabotare il sito nucleare per addossare poi la colpa all’esercito ucraino.

Il 14 marzo Anatolii Nosovskyi, direttore dell’Istituto per Problemi di Sicurezza delle Centrali Nucleari (Ispnpp) di Kiev, avrebbe accusato i russi di aver razziato il laboratorio di monitoraggio delle radiazioni nel villaggio di Chernobyl prelevando sostanze radioattive che, mischiate con esplosivi convenzionali, potrebbero essere utilizzate per creare “bombe sporche”, piccoli ordigni che spargono radioisotopi.

In realtà, le sostanze denunciate dalle stesse autorità ucraine contenute nel laboratorio, non sono più pericolose di quelle utilizzati nei centri di ricerca medici e non pongono particolari problemi.

Un problema più attuale potrebbe invece essere rappresentato dagli incendi sviluppatisi nella Zona di esclusione. Anche se non sono intensi e vasti quanto quelli scoppiati nel 2020, la radioattività da essi innalzata nell’aria è stata registrata anche a Kiev, sebbene i livelli siano ancora entro i limiti di sicurezza e non destano alcuna preoccupazione per la salute degli abitanti.

Nella centrale di Chernobyl, il 28 marzo l’ultima squadra del personale rimasto nel sito dal 24 febbraio, è finalmente riuscita a tornare a Slavutych, la città costruita per ospitare le famiglie dei dipendenti che lavorano nel sito nucleare.

Al loro posto sono giunti 59 colleghi e colleghe che si sono offerti volontari. Il sindaco, Yuri Fomichev, ha fatto sapere che le forze russe, dopo aver occupato per poche ore la città accolte dalle proteste della popolazione scesa in piazza con bandiere ucraine, hanno ora abbandonato la zona.

Si è conclusa anche l’odissea dei quattro stalker di Dniepr e Zaporizhzhia sorpresi dall’invasione russa mentre erano entrati clandestinamente nella Zona di esclusione: dopo essersi rifugiati nella centrale di Chernobyl a poche ore dall’arrivo delle truppe russe, sono stati tenuti in ostaggio sino al 20 marzo, quando sono riusciti a lasciare l’area con la sostituzione del primo contingente di lavoratori.

La visita di Rafael Grossi, anche se non rappresenterà un passo decisivo per mettere in sicurezza il complesso nucleare di Kiev, è comunque un segno importante di come stiano evolvendo le trattative tra Ucraina e Russia.