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Armi da guerra sotto il cuscino e taser in cella

Armi da guerra sotto il cuscino e taser in cella – LaPresse

Top gun gialloverde: il governo recepisce a amplia l’ultima direttiva Ue. Da ieri in Italia è più facile detenere le cosiddette «black rifle». Scontro tra Lega e M5S sulle pistole elettriche in dote agli agenti penitenziari

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 11 settembre 2018

Proprio mentre la California si prepara a dare un altro giro di vite anche sulla vendita di munizioni, per disincentivare l’uso di massa delle armi da fuoco che tante tragedie ha causato, l’Italia invece va in direzione opposta e si aggiudica il triste primato di essere il primo Paese dell’Ue a recepire – interpretandola in modo ancora più permissivo – la direttiva 2017/853 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che modifica il precedente dettame riguardante il controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi.

Da ieri infatti, contestualmente alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto legislativo n. 104 del 10 agosto 2018, è più facile acquistare e detenere armi in casa, senza neppure avvisare gli altri membri della famiglia o eventuali conviventi. E non solo quelle sportive, ma anche fucili d’assalto o le cosiddette «black rifle», ossia le «armi semiautomatiche a canna liscia somiglianti ad un’arma da fuoco automatica la cui canna non supera i 60 cm», come recita la definizione della relativa categoria declassata dalla direttiva Ue da B9 a B7. Tra queste ci sono carabine come l’Ar15 e mitragliatori come alcuni Kalashinikov. Armi da cecchini, o da stragi nelle scuole.

Nella direttiva europea le armi che erano annoverate nella categoria B7 sono state invece spostate in B9. Un ribaltamento, un “pasticcio” che permette di legalizzare ciò che prima era illegale, secondo i desiderata della lobby delle armi. Ma per recepire la direttiva 853, nel decreto legislativo il governo gialloverde ha dovuto correggere perfino la legge antiterrorismo 43 del 2015, che vietava la caccia con fucili «rientranti tra le armi semiautomatiche somiglianti ad un’arma da fuoco automatica».

Nei 14 articoli del decreto viene raddoppiato il numero di «armi sportive» che è possibile detenere (da 6 a 12), e dei colpi consentiti nei caricatori (da 15 a 20 per le armi corte e da 5 a 10 per quelle lunghe). Malgrado poi diminuisca la durata delle licenze di porto d’armi per l’uso venatorio e sportivo (da 6 a 5 anni), per denunciare di detenere un’arma basta inviare una mail ai carabinieri o alla questura tramite posta certificata. Inoltre, malgrado si debba ottenere il titolo di «tiratori sportivi» per detenere armi di categoria A6 (demilitarizzate) e A7 (a percussione centrale con caricatore superiore a dieci colpi per arma lunga e venti per arma corta), per essere definiti tali basta essere iscritti alle federazioni specifiche di un qualunque Paese europeo, oppure alle sezioni del Tiro a segno nazionale, o alle associazioni sportive dilettantistiche affiliate al Coni che operano anche in campi privati. Quest’ultima norma è retroattiva al 13 giugno 2017. Gli oneri finanziari del decreto sono pari complessivamente a 800 mila euro per il 2018, a 1,3 milioni di euro per il 2019 ed a 600 mila euro a partire dal 2020.

Soddisfatte le associazioni per i diritti dei detentori legali di armi, come il Comitato D-477 che per la Lega ha condotto una serrata campagna elettorale e ora raccoglie i frutti. Fu infatti con loro che Salvini stipulò un accordo in questa direzione nel febbraio scorso, molto prima del «contratto di governo» siglato con il M5S, durante l’Hit show, la fiera annuale di Vicenza dedicata alla caccia, al tiro sportivo e alla difesa personale.

Insorge invece il Pd: «Più pistole facili. Con la #leggeFarWest arriva il regalo alla lobby delle armi dello sceriffo Salvini e dei suoi complici a 5Stelle. Scendiamo in piazza il 30 settembre contro questo governo della paura #fiancoafianco», scrive Maurizio Martina su Fb mentre il governatore del Lazio Zingaretti sottolinea con un tweet che «il governo ha deciso: meno soldi per le periferie e pistole e armi nelle case. Vergogna! Non è l’Italia che vogliamo».

In realtà neppure il popolo del M5S è così contento del nuovo corso pro-gun. Tanto che perfino in seno al governo gialloverde si evidenzia una spaccatura. Il terreno di scontro è il taser, la pistola elettrica che dal 5 settembre è in dotazione sperimentale delle forze dell’ordine in 12 città italiane (in Lombardia l’assessore regionale De Corato vuole darle anche ai vigili urbani) e che la Lega vorrebbe introdurre nelle carceri.

Malgrado negli Usa abbia causato oltre mille morti da quando è stata introdotta nel 2000, il sottosegretario alla giustizia, il leghista Jacopo Morrone, lo ha promesso a certi sindacati di polizia penitenziaria che la chiedono da tempo (gli stessi contrari al divieto di tortura). Per sostanziare la sua causa, Morrone si è inventato una «intollerabile escalation di violenza nelle carceri contro gli agenti», sull’onda della denuncia fatta qualche giorno fa dal Sappe.

Ignorando totalmente il duro intervento del ministro Bonafede che ha smentito «nel modo più assoluto» il sindacato autonomo di polizia penitenziaria che aveva parlato di «giornata nera nel carcere di Poggioreale». «Gratuito allarmismo», lo ha definito il Guardasigilli grillino.

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