Anche Bernie Sanders ha inviato al Guardian un messaggio nel quale chiede clemenza da parte di Obama nei confronti dell’ex agente della Nsa, che con le sue rivelazioni ha permesso di apprendere le tecniche di sorveglianza made in Usa. Sanders si unisce a un coro nel quale spiccano altri intellettuali e personaggi dello spettacolo e a cui si contrappongono personaggi ancora orbitanti intorno alla Nsa che invece sono contrari a un rientro indolore negli Stati uniti da parte di Edward Snowden.

La presa di posizione di Sanders arriva giorni dopo le interviste di Snowden a Financial Times e Guardian. Nella prima il whistlebowler ha attaccato la Russia (e in parte Londra) accusando il governo di Putin di non fare abbastanza per i diritti umani. Nella seconda intervista, collegato in video conferenza da Mosca, Snowden ha sostenuto che le sue rivelazioni sui programmi di sorveglianza di massa attuati dalle agenzie di intelligence Usa e britanniche andrebbero valutate anche da un punto di vista «etico» e «morale» per il servizio reso all’opinione pubblica.

«Si, ci sono leggi scritte nei codici che dicono una cosa, ma questo è forse il motivo per il quale esiste il potere di grazia, per le eccezioni, per le cose che possono apparire illegali sulla carta ma che, quando si valutano moralmente ed eticamente, quando si valutano i risultati, appaiono come cose necessarie, cose vitali». È esattamente il punto centrale del messaggio di Sanders.

Queste vicende in realtà richiamano l’attenzione su Snowden, distraendo da quanto fatto dagli Stati uniti attraverso una sorveglianza di fatto illegale, realizzata attraverso l’immagazzinamento di molti di dati e attraverso vere e proprie intercettazioni nei confronti – anche – di alleati diplomatici.

Negli ultimi giorni tanto Snowden quanto WikiLeaks, due storie diverse, sono finite nel turbine della campagna presidenziale. Le iniziative a favore di Snowden potrebbero beneficiare dell’imminente uscita nei cinema Usa del film «Snowden» diretto da Oliver Stone e incentrato sulla sua figura. Sebbene i presidenti Usa al termine del loro mandato abbiano esercitato ampiamente il potere di grazia, secondo il Guardian la possibilità che Barack Obama agisca in questo senso è piuttosto remota