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Antar Mohamed Marincola, patria vuol dire libertà e giustizia per tutti i popoli del mondo

Giorgio MarincolaGiorgio Marincola

La storia A colloquio con il nipote del partigiano italo-somalo Giorgio Marincola: «Non è la parentela o il discorso sul sangue a legarmi a un figlio nato nella colonia italiana chiamata Somalia che combatte ancora oggi il fascismo e il nazismo»

Pubblicato 6 giorni faEdizione del 21 settembre 2024

Antar Mohamed Marincola vive in Italia da oltre quarant’anni. Lavora come educatore e mediatore culturale a Bologna. Nel 2012 ha pubblicato con Wu Ming 2 Timira (Einaudi), un romanzo meticcio che racconta la storia della madre Isabella, sorella del partigiano Giorgio Marincola nato il 23 settembre 1923 e caduto in combattimento nella Val di Fiemme il 4 maggio 1945, in quella che è ricordata come l’ultima strage tedesca sul suolo italiano.

La conversazione con Antar si sviluppa lungo le coordinate letterarie del cut-up, tra parole, frasi e link multimediali da mettere in ordine per ricostruire un discorso frammentato come la vita, sospesa in questo caso tra Somalia e Italia, dei figli e delle figlie della diaspora.

«Parti da qui», dice. Si riferisce a un video disponibile su YouTube dal titolo «Quale razza» in cui la madre ripercorre la sua vita e quella del fratello Giorgio. «Io sono un’italiana con la pelle scura. Ti va bene?», domanda con tono di sfida l’anziana donna durante l’intervista.

L’anno dopo la pubblicazione di questa preziosa testimonianza, il 30 marzo 2010, Isabella ci lascia all’età di 84 anni.

Parole sferzanti come quelle del fratello Giorgio quando fu catturato dai tedeschi il 17 gennaio 1945. Portato a Biella, fu costretto a parlare alla nazifascista Radio Baita per inviare un messaggio ingannevole ai suoi compagni. Lui ne approfittò per dire: «Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica. La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli oppressori». La trasmissione venne interrotta e Giorgio massacrato di botte.

Fratello e sorella, sia in tempo di guerra che di pace, hanno sfidato un’idea di cittadinanza e di appartenenza alla patria ancora oggi tristemente avvinghiate al costrutto sociale della bianchezza.

«Come avete fatto a dimenticarci?», chiede Antar, ricordando il suo arrivo in Italia negli anni Ottanta. «Scappavamo da una dittatura (quella di Mohammed Siad Barre, ndr), eravamo alla ricerca della libertà ma qui non abbiamo trovato una memoria condivisa. Per molte persone un vero italiano può essere solo bianco. A chi la pensa così rispondiamo con le parole di Giorgio, ribadendo che la patria non ha un colore qualsiasi sulla carta geografica ma è un senso di libertà e giustizia».

Una riflessione attuale visto che in questi giorni l’associazione «Italiani senza cittadinanza», in collaborazione con altre realtà di italiani e italiane con background migratorio, ha lanciato un referendum di iniziativa popolare per riformare la legge sulla cittadinanza.

L’obiettivo è ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale necessari per i cittadini extra-UE per poter presentare domanda di cittadinanza italiana.

La raccolta firme mira a raggiungere la soglia di 500.000 firme entro la fine di settembre. Un tema molto sentito anche da Antar. «Mi auguro che anche la storia di Giorgio, nel suo piccolo, possa contribuire al superamento dello ius sanguinis», spiega.

Firma il referendum sul sito del Ministero dell’Interno

Sabato 21 settembre alle 18:30, in zona Pigneto, il centro culturale Sparwasser ospiterà un’iniziativa in ricordo di Giorgio Marincola, «partigiano combattente, grande esempio di antifascismo e anticolonialismo».

Tra le persone che prenderanno parte all’incontro Kwanza Musi Dos Santos, cofondatrice dell’associazione QuestaèRoma, e lo scrittore Lorenzo Teodonio, autore insieme a Carlo Costa di Razza partigiana. Storia di Giorgio Marincola (Iacobelli, 2008).

Grazie anche al lavoro di Teodonio e Costa nel corso degli anni si sono accesi molti riflettori su Marincola, ma non sempre con esiti positivi. Un esempio è la mancata intitolazione di una fermata della metropolitana romana al partigiano afrodiscendente.

Sul sito del Comune di Roma si trova ancora la notizia della mozione approvata in Campidoglio nell’estate del 2020 per intitolare la stazione Amba Aradam (massiccio montuoso che dà il nome a una battaglia del 1936 che vide le truppe italiane utilizzare armi chimiche vietate dalle convenzioni internazionali contro migliaia di etiopi) della metro C a Giorgio Marincola.

Idea di fatto accantonata dall’attuale giunta di centrosinistra che ha deciso di chiamare la stazione Porta Metronia. Vicenda liquidata da Antar come «una pura provocazione. Nulla di sorprendente in un Paese che non ha mai fatto davvero i conti con il proprio passato coloniale, come dimostra la storia di Isabella e di Giorgio».

«Io non rappresento nessuno, il mio è un cammino che facciamo assieme», ci tiene a sottolineare Antar. «Per questo motivo odio quando il lavoro sulla memoria – e il rimosso coloniale – che cerco di portare avanti viene ridotto a “sei il nipote di”. Non è la parentela o il discorso sul sangue, che non a caso ritorna anche quando si parla di cittadinanza, a legarmi a Giorgio Marincola, figlio nato nella colonia italiana chiamata Somalia che combatte ancora oggi il fascismo e il nazismo».

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