Anche Primo de Rivera via dalla Valle dei Caduti
Lunedì prossimo la salma di José Antonio Primo de Rivera, il padre del fascismo spagnolo, verrà esumata dalla Valle dei Caduti – nel frattempo ribattezzata Valle de Cuelgamuros – e trasferita al Cimitero San Isidro di Madrid. È stata la stessa famiglia del fondatore della Falange a sollecitare il trasferimento, aderendo a quanto previsto dalla Ley de Memoria Democratica entrata in vigore a ottobre.
Neanche quando a novembre i resti del generale golpista Queipo de Llano, responsabile dell’uccisione di 45 mila antifascisti andalusi, furono esumati dalla Basilica della Macarena di Siviglia, i discendenti del gerarca franchista si opposero. Il trasferimento della salma del “Generalissimo” Francisco Franco dal Valle de los Caídos nel 2019, invece, avvenne dopo un lungo braccio di ferro tra famiglia e autorità e suscitò la mobilitazione dei nostalgici.
La fine della presenza dei resti di Primo de Rivera nel mausoleo che il caudillo fece erigere – utilizzando migliaia di prigionieri repubblicani – alle porte della capitale per celebrare la sua vittoria ha un indubbio valore simbolico. Per il ministro della Memoria Democratica, Félix Bolaños, si tratta di un «nuovo passo del processo di risignificazione affinché il monumento smetta di celebrare persone e ideologie che evocano la dittatura».
L’articolo 54.4 stabilisce che all’interno del monumento possono restare le salme di persone morte durante la guerra civile, ma senza occupare un «luogo preminente», come è invece il caso del primogenito del dittatore Miguel Primo de Rivera, sepolto ai piedi dell’altare maggiore della basilica. L’articolo 38.2, poi, impedisce che i responsabili del golpe del 18 luglio 1936 possano essere oggetto di celebrazione.
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Gli anni Settanta e le stragi rimosseAl momento dell’alzamiento contro la Repubblica, il leader fascista era rinchiuso nel carcere di Alicante; il 14 marzo era stato arrestato, con altri dirigenti della Falange, dopo un attentato a un estensore della Costituzione del 1931. Condannato a morte per aver incitato l’esercito alla ribellione, il 20 novembre fu giustiziato e sepolto in una fossa comune nel cimitero di Alicante.
Dopo la vittoria dei “nazionali” , de Rivera fu inumato in una nicchia dello stesso cimitero, ma il 19 novembre Franco ne ordinò il trasferimento nella Cappella Reale del Monastero dell’Escorial; la bara fu portata a spalla da migliaia di falangisti che si diedero il cambio per 500 km. Nel marzo del 1959, infine, il dittatore ne ordinò la sepoltura nella basilica del suo mausoleo.
Ora i resti verranno tumulati per la quarta – e si spera ultima – volta, grazie alla legge voluta dai socialisti e da Unidas Podemos. Il prossimo passo dovrebbe essere la messa fuori legge, come prevede la Ley de Memoria Democratica, delle fondazioni che raccolgono l’eredità ideologica del regime e gestiscono una gran quantità di denaro e di potere, prima tra tutti l’influente Fundación Nacional Francisco Franco. Spetterebbe al governo sollecitare la chiusura di queste entità e alla magistratura sospenderne intanto le attività, ma l’iter va a rilento.
Anche il divieto delle manifestazioni nostalgiche, previsto dalla legge, non sembra funzionare. I raduni che inneggiano a Franco continuano soprattutto grazie alla benevolenza delle amministrazioni locali e delle autorità di pubblica sicurezza. Il governo vuole sanzionarne gli organizzatori che però promettono di rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti Umani.
Nei giorni scorsi, infine, un magistrato ha ignorato l’articolo 2 della nuova norma che obbliga a interpretare i crimini del regime franchista come «crimini contro l’umanità». Una corte di Ferrol, ritenendo preminenti la prescrizione e la legge di amnistia del 1977, ha deciso di archiviare la denuncia contro tre poliziotti che nel 1975 assassinarono, sparandogli alle spalle, il leader sindacale Moncho Reboiras, leader dell’Unione del Popolo Galiziano.
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