Ieri è stata la giornata delle donne: nessuna tavola rotonda o incontro sui problemi relativi alla presenza femminile nell’industria cinematografica (scarsa stando ai numeri del Lido) o sulla violenza quotidiana piuttosto una «sinergia» di programmazione coi due titoli del concorso uniti anche da Willem Dafoe, seppure in ruoli e pesi molto diversi. Parliamo di Finalmente l’alba di Saverio Costanzo e Poor things di Yorgos Lanthimos, film diversissimi per stili, scelte, punto di vista ma con in comune il racconto di formazione di un personaggio femminile. Entrambe donne giovani, disarmate ciascuna a suo modo, accompagnate pian piano a scoprirsi tra i meandri del tempo e della vita da un male gaze che ce le restituisce infine consapevolmente cresciute. Ma come?

Poor things – in Italia uscirà il prossimo 25 gennaio col titolo Povere creature! – è costruito letteralmente sulla sua protagonista, la diva Emma Stone che era tra quelle star attesissime tenute invece lontane dal Lido dallo sciopero di Hollywood. È lei, in duetto complice di amore/odio filiale e insieme desiderante con Dafoe la protagonista di questa fiaba gotica orchestrata dal regista greco con piglio sicuro nel dispositivo di un «cinema popolare» – è stato finora il titolo più applaudito almeno nelle proiezioni stampa – che ammicca al presente e ai suoi temi senza impigliarsi (come accade a esempio a Larraìn) nella cifra di stile.

ANCHE SE Lanthimos non si risparmia e esibisce al suo solito maestria tra bianco e nero e colori, distorsioni e lenti anamorfiche, quinte teatrali a effetto su mondi lontani, scale a chiocciola alla Powell&Pressburger, cieli dipinti e ponti da cui gettare via una vita di infelicità, abiti (della protagonista) contemporanei. Un multi-decalogo di citazioni del fantastico e dell’horror senza dimenticare il melò che rivisitano i classici del genere, a cominciare dal mito di Frankensntein e del suo creatore, da cui discende quello strano scienziato, il dottor Godwin Baxter (Dafoe) che si fa chiamare God. Deforme, sfigurato e scopriremo anche eunuco visto che il suo corpo è servito al padre per sperimentare ogni sorta di possibilità medico-scientifica, con un’avidità di scoperta ereditata dalla mano paterna (ma «lui era un cretino» chiosa l’uomo) vive in una magione avvolta di mistero, fra strani animali che ibridano le specie un po’ cani, un po’ oche. Insieme a lui c’è una giovane donna, tenuta lontano dal mondo, che è la sua creatura prediletta, bellissima non a caso si chiama Belle (Stone). L’ha riportata in vita raccogliendola nel fiume coi metodi non proprio «ortodossi» della sua ricerca. È adulta ma si muove come una bimba piccola, e si comporta allo stesso modo – «Una ritardata meravigliosa» la definisce il giovane studente (Ramy Youssef) di God, il suo meno brillante ma il più curioso e aperto all’eccentrico che ha scelto come assistente per seguire i progressi di Belle. Lui. God, alla sera le legge delle storie e scivola via dal letto, amore paterno – o forse qualcosa di più, l’Edipo non va mai dimenticato, ma appunto la sua condizione sessuale gli impedisce di andare oltre Un romanzo di formazione femminile «male gaze», l’horror e il fantastico, la libertà del sesso

POI ACCADE che Belle, i cui capelli crescono in fretta e riesce a imparare molte parole al giorno, scopre il piacere. Lo scopre da sé, toccandosi per caso con una mela, e le piace tantissimo, e non riesce a capire perché non può farlo dove e quando e con chi vuole. Che è questo il centro intorno a cui ruota questo racconto di liberazione dell’iconografia femminile, la sessualità, il sesso – inteso come potere, dominio, ricatto, convenzioni sociali, ruoli di genere ripetuti nei secoli da educazioni e regole repressive che negano alle donne soprattutto i corpi, al libertà di disporne, il piacere. La Belle rinata ha però un cervello vergine, letteralmente e tutto questo non lo sa. Assapora il sesso con l’amante, un avvocato donnaiolo (Mark Ruffalo) con cui abbandona la casa del Padre (di God) e il promesso sposo che lui le aveva scelto per conoscere il mondo: Lisbona, Atene, Alessandria d’Egitto, fuori dal recinto a suo modo dorato di God (un Giardino dell’Eden?) scopre che esistono violenza, infelicità, miseria.

La redazione consiglia:
«La favorita», l’idiozia tragicomica del potere alla corte d’InghilterraL’amante che si vanta delle sue prestazioni sessuale – «modestamente il meglio» – viene messo in difficoltà dallo spirito «non controllabile» di Belle che sparisce, parla liberamente, ritorna, gli racconta serena di essere stata con altri, non conosce la gelosia, né il possesso né l’esclusività, e le piace «saltare con lui»senza farsi problemi sul resto. E così l’uomo diventa noioso, si appiccica, si lagna, fa scenate, prova anche lui a rinchiuderla seppure su una nave di lusso. Lei si sottrare, si rifugia nei libri, nelle conversazioni con la saggia Martha (Hanna Schygulla) che le confida di non fare sesso da 20 anni sconvolgendola. E nonostante le «lezioni» di cinismo del giovane amico della donna Belle continua a pensare di poter cambiare il mondo. A Parigi sotto la neve – mentre l’amante è impazzito – inizia a prostituirsi: il bordello è accogliente gli uomini noiosi, l’amica con cui condivide quello spazio le fa conoscere il proprio corpo e la memoria che si porta con sé. Accadono molte cose prima che Belle torni a casa da un God malato e morente, e prima che crei il suo mondo: una Barbieland di meravigliose «imperfezioni» con un Ken, il giovane medico che la ama e la rispetta per come è – «amore concreto» lo chiama lei – dove può concentrarsi sui suoi studi di medicina e su un presente e futuro senza obblighi di ruolo.

ROMANZO di formazione dunque Poor Things nell’attraversamento dell’immaginario in quelle narrazioni dove le eroine sono sicuramente condannate a morte e infelicità da personaggi di maschi mariti amanti criminali folli egoisti e violenti. A ciascuna di queste Lanthimos sovrappone la figura di Belle che ne muta il segno, non più puttana ma sex worker – «il corpo è mio», non più Eva scacciata ma figlia che torna di sua volontà prendendo il posto del padre, non moglie vittima e suicida del marito colonialista e guerrafondaio che vuole lobotomizzarle la clitoride ma guerriera che lo neutralizza con l’intelligenza (che a lui manca). Mentre davanti ai figli i cui padri decidono che il bordello è il miglior modo per educarli al sesso ne svela le debolezze e i dirty pleasures di un uomo «perbene».
Film nell’aria dei tempi, forse persino un po’ programmatico anche se sfugge quanto Lanthimos si diverta anche a prendere in giro il proprio assunto, e quanto vi aderisca con un po’ di furbizia a vantaggio dello spettatore. Rimane però una leggerezza fluida nel manovrare il bagaglio con cui si confronta – e sul quale la sua eroina/attrice danza leggera, con ritmo perfetto e minuziosa confezione.