America ai confini della realtà
Ultime battute L’evento che è riuscito a scalzare brevemente la campagna elettorale dall’attenzione nazionale è stata la finale al cardiopalma fra i Cubs di Chicago e gli Indians di Cleveland, un elettrizzante […]
Ultime battute L’evento che è riuscito a scalzare brevemente la campagna elettorale dall’attenzione nazionale è stata la finale al cardiopalma fra i Cubs di Chicago e gli Indians di Cleveland, un elettrizzante […]
L’evento che è riuscito a scalzare brevemente la campagna elettorale dall’attenzione nazionale è stata la finale al cardiopalma fra i Cubs di Chicago e gli Indians di Cleveland, un elettrizzante «game seven» finito ai supplementari con la vittoria per un punto della squadra di Chicago, che non vinceva le World Series dal 1908. Ma alla fine anche l’eclatante evento sportivo è stato risucchiato nel vortice politico di questi ultimi giorni convulsi e il baseball non è sfuggito alla forza gravitazionale delle elezioni. Si dà il caso che la settimana scorsa, quando i Cubs erano in svantaggio per 1-3 nella serie al meglio di sette partite, Nate Silver avesse accostato le loro probabilità di rimonta a quelle di un successo elettorale per Donald Trump. Così è riuscito a rovinare la festa a molti tifosi democratici, che accanto al trionfo dei propri beniamini si è trovata poco scaramanticamente preconizzata la vittoria della nemesi politica.
Anche lo stesso Silver, massimo oracolo statistico, con un’invidiabile percentuale di gare azzeccate, d’altronde ammette che la sondaggistica è al massimo una scienza inesatta, tantopiù in questo anno caratterizzato da una «ribellione»” populista ostile a stampa e demoscopisti e ingerenze esterne come quelle di Wikileaks e dell’Fbi.
In assenza di affidabili pronostici il risultato rischia di essere plasmato da paure e emotività – come ben sanno gli stessi strateghi delle campagne. Le ultime bordate di spot elettorali che ingorgano l’etere americano in questi ultimi giorni tralasciano ormai ogni argomento politico a favore di appelli viscerali. Trump batte sulla «corruzione» della avversaria dipinta come donna di casta, fautrice di un potere dinastico predicato su illeciti seriali e patologiche menzogne. Gli appelli di Hillary per la maggiore sono stralci di discorsi ed interviste delle stesso Trump che si esprime su donne, eterodotati, stranieri ed immigranti, montati con controcampi – soprattutto di bambini, che ascoltano le affermazioni con l’espressione di cavie da laboratorio esposte a sostanze tossiche.
I democratici sembrano aver calcolato – probabilmente non a torto – che la migliore motivazione per le rimanenti esigue scorte di elettori indecisi sia la paura e, a poche ore dall’apertura dei seggi, la visualizzazione di una presidenza Trump. La strategia è evidente in un piccolo capolavoro di persuasione «social», il video Youtube per scuotere le schiere di millennial ed ex-sostenitori sanderisti ancora restii a marcare la scheda Clinton. Il filmato di cinque minuti circa è interpretato da James Carville, decano degli advisor democratici, architetto delle vittorie di Bill Clinton negli anni 90 e ospite fisso dei talk show come analista. Nel video, Carville si rivolge ad un gruppo di ragazzi che lo fissano intenti mentre lui dice con aria professoriale di averli convocati per spiegare che le elezioni «hanno conseguenze» precise. «Immaginate di accendere il televisore martedì sera», esordisce Carville col suo forte accento della Louisiana. «Ecco cosa potreste vedere».
Lo one-man show prosegue con una geniale micro-fiction di fantapoliticia degna di un episodio di Black Mirror, un mini sceneggiato in cui Carville interpreta tutte le parti, a partire dal mezzobusto di un edizione speciale delle news….: «Scusate… prego la regia di ripassare la linea allo studio perché abbiamo un notizia appena arrivata …la Cbc è in grado di confermare che stando agli exit poll, Donald J Trump si è aggiudicato l’Ohio. Ripeto: l’Ohio coi suoi 19 voti elettorali vanno ai repubblicani che raggiungono così 271 voti e con questo possiamo proiettare ufficialmente che Donald J Trump sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti…».
Nella diretta immaginaria seguono una serie di collegamenti, con lo stesso Carvile nei panni di se stesso, che non riesce a capacitarsi dell’accaduto ed è costretto ad ammettere che probabilmente i democratici «hanno dato per scontato il risultato e non sono riusciti mobilitare i ragazzi di Sanders». Un altro ‘corrispondente’ (sempre Carville) spiega le prossime tappe che attendono il paese: nomina immediata di un giudice reazionario alla corte suprema che con maggioranza conservatrice abolisce aborto e matrimoni gay. Costituzione di reparti speciali per la deportazione e primi rastrellamenti nei quartieri messicani «entro l’estate». L’immediata sospensione della sanità pubblica e poi sul fronte estero annullamento dei trattati internazionali di commercio e di norme ambientali, a partire dagli accordi di Parigi. Annuncio della fuoriuscita dell’America dalla Nato.
Tutta la distopia di un tiranno autoritario e imprevedibile oscillante fra isolazionismo, militarismo e un neoreaganismo improvvisato.
Dulcis in fundo: Carville imita il corrispondente da Mosca che racconta trafelato della celebrazione di Putin che, acclamato dalla folla nella Piazza Rossa, esulta e annuncia il risorgere di un impero russo, ormai senza più nemici, mentre crollano i mercati internazionali. Chiusura con stacco sulle facce sbigottite dei giovani e conclusione di Carville: auguri per una buona notte! Infine dissolvenza a nero nella speranza che almeno l’angoscia possa indurre gli ultimi americani a votare Hillary.
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