La riviera romagnola è inondata da una fiumana di fango maleodorante, derivante dall’alluvione di metà maggio, e in molte zone è già scattato il divieto di balneazione.

Le rilevazioni Arpae a partire dal 30 maggio hanno trovato 19 punti, poi scesi a 18 e ieri giunti a 6, con parametri di Escherichia coli ed Enterococchi intestinali sopra la norma. Inizialmente i valori erano anche 120 volte oltre il livello di guardia. Ben 14 di questi siti erano nel ravennate. Le acque più inquinate sono ovviamente intorno alla foce dei fiumi (Reno, Lamone, Fiumi Uniti, Bevano, Savio), da Casalborsetti a Milano Marittima. In provincia di Forlì-Cesena non erano balneabili San Mauro Mare, Savignano a Mare e altre due località nel ferrarese (Goro). Tutta la riviera ha fondali bassi e sabbiosi e perciò la dispersione dell’inquinamento è difficile. Il campione aggiuntivo di ieri tuttavia ha permesso di verificare il rientro nei limiti normativi delle acque dei comuni di Goro, Cervia, S. Mauro Pascoli e Savignano sul Rubicone e di altre località nel Comune di Ravenna. Restano invece sopra i limiti le acque di Casalborsetti, 100 metri a Nord della foce del Canale Destra Reno.

LE CITTÀ intanto continuano a sversare le acque melmose intrise di inquinanti nei fiumi. A Faenza il depuratore di Formellino è ancora fuori servizio, gli scarichi delle fognature nere sono convogliate in altri depuratori. Gli automezzi spurganti scaricano i liquidi fangosi prelevati da garage, strade e cantine, direttamente nel fiume. Lo sconcerto dei passanti sul Ponte delle Grazie, a Faenza, è evidente. Sotto al ponte, si notano rifiuti che stanno scivolando in acqua, compreso un grande cassonetto dell’indifferenziata. L’ordinanza regionale numero 67 del 20 maggio 2023 sottolinea che «le acque fangose limi e terre cessano la qualifica di rifiuto se è esclusa la presenza di contaminanti e rifiuti estranei», ma non è chiaro come questa presenza venga esclusa, visto che le analisi ai fanghi delle cantine e delle abitazioni non è facile farle.

Nei reflui stagnanti è facile trovare residui di vernice, benzina, idrocarburi e come sottolinea anche l’Ausl della Romagna «le acque alluvionali possono essere contaminate da reflui di sistemi fognari, o da sostanze chimiche con possibili impatti sulla salute». Le striature nere del fango sul greto del fiume e l’odore nauseabondo non fanno presagire nulla di buono. La situazione è simile in tutte le altre città.

INTANTO sulla spiaggia i gestori dei bagni si rassegnano all’evidenza: «L’acqua è talmente sporca – sospira un bagnino a Casalborsetti – che è impossibile farci il bagno, non servivano le analisi per capirlo».

Sui lidi hanno trovato rifugio molti sfollati, scappati dalle loro case ormai inagibili: «A Lido di Classe, di fianco alla foce del Savio – spiega Fabrizio – l’altra sera c’erano decine (forse centinaia) di rane in spiaggia portate dalla fiumana. Arrivavano anche carcasse di animali, rifiuti di ogni tipo. Il nostro mare è poco più che un lago, ce la farà a sostenere questo carico di veleni?». Una novella isola di plastica si sta quindi formando nell’Adriatico.

NELLA PIALASSA della Baiona i pescatori lanciano l’allarme per vongole e granchi uccisi da «uno strato di fango maleodorante». «Stiamo facendo la conta dei danni», dichiara l’Agci, associazione generale cooperative italiane, «per chiedere poi i risarcimenti».

Ma il grave danno, che difficilmente sarà risarcito, è all’ecosistema marino e costiero, in zone già messe a dura prova dallo sviluppo industriale, dal consumo di suolo e dalla pressione antropica. «Dobbiamo pensare agli impatti cumulativi tra rifiuti, fertilizzanti, pesticidi, carcasse, liquami tossici industriali, stiamo insomma distruggendo un intero ecosistema», afferma Ferdinando Boero, vicepresidente di Mare Vivo ed ecologo marino.

La Regione però si affretta a rassicurare turisti e gestori, per bocca dell’assessore al Turismo Corsini: «Verranno ripetute le analisi fino a quando i parametri non risulteranno conformi. Confidiamo nel rientro alla normalità entro pochi giorni».
Tutti al mare insomma. L’importante è mantenere lo slogan della Romagna che riparte, nonostante tutto.