Il ministro Fitto ieri ha incontrati i governatori. Sul tavolo il problema dei problemi: come accelerare la marcia del Pnrr. Risposta per ora ovvia: lavorando insieme a stretto contatto concentrandosi sugli obiettivi certi, quelli più facilmente raggiungibili. Indicazioni che contrastano con le assicurazioni e le rassicurazioni dispensate nel week-end. Del resto, già lo scontro frontale con la Corte dei Conti smentiva tanta tranquillità. La Corte dei Conti, ha fatto capire Fitto, non dovrebbe mettere bocca perché si tratta di «una sfida per tutto il Paese e ognuno deve contribuire in maniera proattiva al raggiungimento dell’obiettivo comune» e perché, come affermato alcune settimane fa sempre in polemica con la Corte, «l’accertamento degli obiettivi compete solo alla Commissione» Ue. Poco ci manca che la Corte dei Conti sia accusata apertamente di sabotaggio: una reazione sull’orlo della crisi di nervi che si tiene poco con la sicurezza ostentata da premier e ministri.

IN REALTÀ LA DISPONIBILITÀ di Bruxelles c’è davvero. La formula che la Commissione starebbe studiando per sbloccare la sudata terza rata del Recovery, quei 19 miliardi fermi da fine febbraio, comporta sì dei rischi ma nel complesso mira ad aiutare l’Italia. Si tratterebbe della “sospensione” di una parte, in realtà molto contenuta, del totale: 400 milioni che resterebbero congelati essendo legati a un target non raggiunto. In questo modo, con quasi tutta la rata erogata, la situazione si disincaglierebbe e allo stesso tempo la Commissione invierebbe un messaggio chiaro ma per il momento quasi indolore all’Italia. La pratica di non erogare i fondi collegati a target non raggiunti potrebbe però in futuro mordere ben più a fondo.

CERTO, DI MEZZO c’è quella riscrittura del Piano che dovrebbe essere concordata con la Ue entro il 31 agosto ma qui il quadro è tutt’altro che chiaro. Fitto aveva chiesto ai ministri un rapporto definitivo sulle modifiche che ciascun dicastero vorrebbe apportare, in modo da inviare la proposta entro domani a Bruxelles. Non sembra che quei rapporti possano essere pronti in tempi così stretti. La riscrittura segna il passo proprio come gli investimenti preventivati. Qualcosa di più si capirà nei giorni prossimi, quando verrà inviato al Parlamento il rapporto semestrale sui progressi del Pnrr.

IL GUAIO È CHE, intrecciati a vario titolo con la trattativa sulla rimodulazione del Pnrr, si accumuleranno a Bruxelles diverse trattative. La ricostruzione della Romagna, per esempio. I 6 miliardi già previsti dal Pnrr devono servire al risanamento idrogeologico dell’intero Paese, non potranno essere adoperati per ricostruire la Romagna. Dal Fondo europeo di solidarietà arriveranno meno di 500 milioni e anche i fondi di sviluppo e coesione offriranno solo alcune centinaia di milioni. La Ue ha altre fonti a cui attingere ma il totale sarà comunque molto al di sotto del necessario, tra i 6 e i 10 miliardi. L’unica dunque, come dice senza perifrasi Tajani, sarà chiedere a Bruxelles di scorporare i miliardi per la ricostruzione dal Patto di stabilità, cioè di andare in deficit ma senza che questo venga calcolato nei parametri.

LA COMMISSIONE e gli Stati membri di disponibilità ne dovranno dunque mostrare molta e su diversi fronti. Tutto lascia pensare che almeno la Commissione intenda farlo. Solo che allo stesso tempo Bruxelles ha preso di mira praticamente tutti i progetti del governo a cui tiene maggiormente la Lega, dall’autonomia differenziata alla Flat Tax alla stessa delega fiscale, e sullo sfondo resta irrisolto il nodo della ratifica della riforma del Mes, alla quale la Ue non intende rinunciare. È questa matassa, ulteriormente ingarbugliata dalla necessità di evitare una ridefinizione delle regole europee troppo penalizzante per l’Italia, che il governo dovrà provare a sbrogliare tra l’inizio dell’estate e la fine dell’anno.