Si pagherà di più il pieno di benzina e diesel per la mancata conferma degli sconti sulle accise e ci sarà lo sciopero dei distributori, compresi i self service, di due giorni dal 24 al 26 gennaio. È l’esito delle prime tre settimane dell’anno per il governo Meloni. Prima si è fatto cogliere di sorpresa dalla risposta delle rappresentanze di categoria alle quali non è piaciuta l’idea di diventare il capro espiatorio di un aumento causato dalla decisione governativa di non rifinanziare lo sconto sui carburanti voluti da Draghi. Poi ha cercato di mettere una toppa ricevendo le rappresentanze in un tentativo di mediazione inutile visto che, poche ore dopo, ha varato il decreto che negava ogni possibilità di accordo. E infine ha dovuto incassare, di nuovo, una serrata nonostante un allentamento della stretta sulle multe ai benzinai. Questi ultimi si sono detti «profondamente delusi». «Il messaggio che rimane è che siamo una categoria da tenere sotto controllo perché speculiamo» ha detto il presidente nazionale di Figisc Confcommercio Bruno Bearzi.

Contro una «speculazione» che non è il problema principale, almeno non più del caos creato dal governo che ha cancellato gli sconti sulle accise, il dibattito resta confinato alla sanzione dei singoli distributori. Si ritiene cioè che esista solo un problema di trasparenza dei prezzi. E che sia tutta colpa dei singoli che vogliono truffare i clienti. Per questa ragione, oltre ai cartelloni dei prezzi ai distributori, è stata proposta un’App gratuita dove sarà possibile conoscere il prezzo medio regionale settimanale e, grazie alla geolocalizzazione, il prezzo praticato da ciascun distributore nelle vicinanze.

LO SCIOPERO È la dimostrazione dell’incapacità di prevedere le conseguenze di decisioni e di trovare una soluzione a un problema provocato a una platea che, in linea teorica, potrebbe essere più sensibile agli interessi di bottega elettorale. Un disastro, per le destre. Un momento politicamente interessante per chi si oppone. Ed è l’antipasto di ciò che aspetta il governo in primavera quando dovrà rinnovare i bonus per tamponare gli effetti del record inflazione. In Italia resta tra le più alte d’Europa. Nella legge di bilancio sono stati stanziati 21 miliardi di euro (su 35 complessivi). La discesa dei prezzi del gas fa sperare di bruciare meno risorse. Resta l’impressione che il governo sia strozzato dalla crisi. Lo confermano Faib Confesercenti, Fegica e Figisc-Anisa Confcommercio (dicono di rappresentare il 60-70% di circa 22 mila gestori). Per loro l’esecutivo sembra avere «le mani legate» e ha rimandato le decisioni al parlamento dov’è incardinato il decreto.

QUELLO DEI BENZINAI non sarà il primo sciopero contro il governo Meloni. Diversamente da quanto è girato ieri online, prontamente ripreso da dichiarazioni di politici particolarmente disattenti, il primo sciopero è stato quello dei sindacati di base del 2 dicembre, seguito da quello di Cgil e Uil il 16 dicembre. I temi delle mobilitazioni erano paragonabili: contro il caro vita, alzare i salari, ripensare il fisco. Questione del tutto rimossa in questi primi giorni dell’anno in cui simili questioni fondamentali sembrano tramontate a favore di un astratto straparlare di percentuali dell’inflazione.

LA RISTRETTEZZA delle risorse non permette di trovare una soluzione al problema dei prezzi, come ad esempio una riduzione dell’Iva sulle accise che potrebbe abbassare di almeno il 10 per cento il costo del carburante. Né si discute su misure per sostenere i salari. Il taglio del cuneo fiscale contenuto nella legge di bilancio porterà a più che modesti benefici per i dipendenti. Gli stessi che, in molti casi, hanno il contratto nazionale scaduto. E pagano la tassa più ingiusta, l’inflazione da profitti e non da salari, con le loro tasche