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Alessandro Parini ucciso a Tel Aviv. Nessuna pista esclusa

Alessandro Parini ucciso a Tel Aviv. Nessuna pista esclusaTel Aviv, sul luogo della morte di Alessandro Parini – Ap

Israele/Territori occupati Dolore per la morte del giovane avvocato di Roma travolto venerdì sera a Tel Aviv da un arabo israeliano a bordo di una automobile. Si parla di attentato e gesto intenzionale ma la stessa polizia israeliana non esclude del tutto un incidente.

Pubblicato più di un anno faEdizione del 9 aprile 2023
Michele GiorgioGERUSALEMME

«Abbiamo sentito il rumore dell’auto che ci passava accanto, poi gli spari e ci siamo dispersi. Quando siamo tornati indietro abbiamo visto Alessandro steso in terra nel sangue». Così raccontava ieri uno dei giovani italiani in vacanza con Alessandro Parini, travolto e ucciso da un’auto venerdì sera a Tel Aviv in quello che è stato letto come un atto intenzionale da parte di Yusef Abu Jaber, un arabo d’Israele di 45 anni, deciso in apparenza a colpire israeliani e che invece ha preso di mira, senza saperlo, turisti stranieri. «Siamo corsi in ospedale dove ci avevano detto di aver portato Alessandro – ha aggiunto il giovane parlando all’Ansa -…Alessandro era un ragazzo normale, come tanti, non posso credere a tutto questo». Una vacanza si è trasformata in un incubo per un gruppo di giovani. E ha significato la morte per Alessandro Parini, avvocato 36enne di Roma, appassionato di viaggi in Medio oriente. Una foto che circola in rete in queste ore lo mostra con al collo una kefiah bianca e rossa mentre osserva i monumenti di Petra in Giordania. Per lui non c’è stato nulla da fare, i soccorritori non hanno potuto far altro che constatarne il decesso sul prato della passeggiata di Tel Aviv che stava percorrendo diretto per cena a Giaffa. Ieri centinaia di abitanti della città gli hanno reso omaggio lasciando fiori accanto alla sua foto e accendendo candele sul luogo dell’impatto violento che lo ha ucciso. A pochi metri sono ancora visibili i segni lasciati dalle ruote della macchina di Yusef Abu Jaber.

Altri due italiani sono rimasti feriti. Uno, Roberto Niccolai, è stato dimesso quasi subito dall’ospedale Ichlov di Tel Aviv dove venerdì sera erano stati portati anche tre turisti britannici. L’altro ferito italiano ieri è stato sottoposto a un intervento chirurgico ma le sue condizioni era buone e non destavano preoccupazione. In serata sono passati a fargli visita l’ambasciatore d’Italia Sergio Barbanti e il ministro degli esteri israeliano Eli Cohen. Rientrerà in Italia nei prossimi giorni. I suoi compagni rimasti indenni ieri sono tornati a casa. Ci vorrà qualche giorno invece prima che salma di Alessandro Parini possa rientrare a Roma. Del suo trasferimento si stanno occupando i nostri rappresentanti diplomatici e la Farnesina.

Il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid ha inviato le condoglianze all’Italia e su Twitter ha scritto che Parini e gli altri turisti coinvolti «sono stati colpiti da un abominevole terrorismo. «Israele e Italia sono unite di fronte al terrorismo che ci minaccia tutti», ha dichiarato da parte sua Eli Cohen durante una conversazione telefonica con il suo collega italiano Antonio Tajani. In Israele tutti parlano di attentato a Tel Aviv e questa resta la pista più concreta sulla base delle testimonianze date dai turisti e da alcuni passanti che hanno visto poco dopo le 20.30 italiane l’automobile di colore bianco guidata da Abu Jaber procedere a velocità molto elevata e che, ad un certo punto, ha invaso la pista ciclabile, quindi ha investito i turisti sul marciapiedi travolgendo Parini e, infine, si è ribaltata. Abu Jaber è uscito dall’auto e, secondo la versione della polizia, avrebbe provato a prendere quella che sembrava un’arma e che invece si è poi rivelata una pistola giocattolo, ed è stato ucciso con numerosi colpi dagli agenti giunti sul posto.

Non conosceremo la sua versione dei fatti mentre continuano a parlare di «incidente» e ad escludere l’attentato la famiglia e l’intera cittadina di Kufr Qassem dove l’uomo viveva insieme alla moglie e sei figlie. Proprio la polizia non esclude nessuna pista, neanche quella che non si sia trattato di un attentato, riferiva ieri il giornale Haaretz citando le dichiarazioni del comandante del distretto di Tel Aviv, Ami Eshed. Non hanno dubbi sulle intenzioni di Abu Jaber invece la stampa palestinese dei Territori occupati e le fazioni armate – da Hamas al Fronte popolare – che parlano di «operazione a Tel Aviv» in risposta alle recenti violazioni da parte della polizia israeliana della Spianata delle moschee di Gerusalemme.

Ieri sono stati rivelati i nomi delle due sorelle e colone israeliane, di origine britannica, uccise venerdì mattina in un agguato armato allo svincolo di Hamra, nella Valle del Giordano. Sono Rina e Maya Dee, 15 e 20 anni. La madre, Leah, resta in condizioni critiche. La destra estrema israeliana continua a chiedere al governo azioni punitive straordinarie contro i responsabili della loro uccisione e nei confronti dei palestinesi. Il ministro della difesa Yoav Gallant ha prolungato la chiusura dei posti di blocco per la Cisgiordania e Gaza fino a mercoledì e continua ad inviare rinforzi militari nei Territori palestinesi occupati. Restano in vigore inoltre le limitazioni per l’accesso alla Spianata di Gerusalemme che, nonostante sia il mese del Ramadan, colpiscono i palestinesi più giovani. Nessuna restrizione invece per i Fedeli del Monte del Tempio, il gruppo messianico ebraico fondato da Gershon Solomon, che domani mattina intende tenere la sua «marcia» annuale verso la Spianata per chiedere la ricostruzione del Tempio. Nell’ottobre del 1990, Solomon e i suoi seguaci annunciarono di voler posare la prima pietra del nuovo Tempio finendo per innescare proteste che la polizia spense sparando ad altezza d’uomo. I palestinesi uccisi furono venti.

Ieri, intanto, migliaia di israeliani si sono di nuovo radunati a Tel Aviv e altre città per protestare contro la riforma giudiziaria in corso in parlamento e sospesa solo temporaneamente dal premier Netanyahu.

 

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