Aikhal Ammosov, il punk della Yacutia
Intervista Musicista, più volte arrestato, col suo gruppo Crispy Newspaper critica Putin e l’invasione in Ucraina. L’indipendenza del suo Paese dalla Russia, il matriarcato, la repressione
Intervista Musicista, più volte arrestato, col suo gruppo Crispy Newspaper critica Putin e l’invasione in Ucraina. L’indipendenza del suo Paese dalla Russia, il matriarcato, la repressione
È il 25 febbraio 2022, a Yakutsk, la capitale della regione mineraria della Yacutia (o Repubblica Sakha), la temperatura esterna è di cinquanta gradi al di sotto dello zero. Un giovane si presenta davanti all’ufficio delle pompe funebri. Espone un foglio A4 sul quale è stampata una bara e la scritta: «Il fidanzato è arrivato». Qualche giorno dopo viene condannato per insulto alle forze armate e al pagamento di 80 000 rubli, circa 1200 euro. All’inizio di agosto, si prepara ad accogliere il primo ministro russo in visita nella capitale con lo striscione: «Punk della Yacutia contro la guerra», ma è arrestato prima di riuscire ad esporlo.
Per i russi, quel giovane risponde al nome di Igor Ivanov. Lui però si fa chiamare Aikhal Ammosov. È un poeta e un cantante punk. Dopo l’arresto, molti lo davano per morto. Invece Aikhal è riapparso a settembre in Kazakistan. Nel suo profilo social ha scherzato dichiarando di essere stato aiutato a fuggire dal deputato pro-guerra ed ex sindaco di Yakutsk, Sardana Avksentieva.
Con il suo gruppo punk Crispy Newspaper, Aikhal Ammosov canta canzoni sul matriarcato, sulla compagnia mineraria Alrosa che possiede ogni cosa in Yacutia o per meglio dire in Sahka, come la chiamano gli indigeni, e sulla banda Baader-Meinhof. Tutto in lingua sakha.
Lo abbiamo raggiunto al telefono per parlare con lui dell’anticolonialismo, della lotta contro il regime putiniano e della musica punk oltre il circolo polare.
Il titolo della tua prima performance, «La fidanzata è arrivata», allude al film di Aleksei Balabanov «Cargo-200» (2007), nel quale la guerra in Afghanistan prefigurava la decomposizione dell’Unione sovietica. Balabanov è un autore controverso, molto amato dai nazionalisti russi. Perché citarlo?
Balabanov ha una relazione speciale con la Yacutia. Ha girato qui, con attori locali, un film non finito dal titolo River. Guardando i suoi film si capisce la realtà dell’imperialismo russo. La sua descrizione della Russia post-sovietica, della relazione tra le diverse etnie che compongono la Federazione è effettiva, dettagliata e sfaccettata. Molti attivisti contro la guerra odiano Brother e Brother 2. È vero che sui tank che hanno invaso l’Ucraina si poteva leggere una citazione da quei film:«La forza è nel vero». A me interessa capire come funziona la propaganda del nemico. Per la sua profondità e semplicità, Balabanov è un genio. Voglio sfidare lui, i nazionalisti, l’FSB (il servizio nazionale per la sicurezza della Federazione Russa, ndr)… Loro fanno il loro lavoro, io il mio.
In Kazakistan hai già fatto un concerto, come è andato ?
Molto bene, c’era molta gente. E parecchi giornalisti !
In che modo questo nuovo contesto si concilia con il tuo messaggio politico ?
Esibirsi in esilio dà una vibrazione nuova alla nostra musica. Ma il messaggio politico è lo stesso: la Sakha deve essere libera e indipendente. I kazaki lo capiscono benissimo. Loro sono riusciti a resistere con coraggio alla corruzione post-sovietica durante la rivolta del gennaio 2022, e hanno una storia di movimenti giovanili e operai che risale alla fine degli anni ottanta nota come Zholtoksan. Il nostro popolo ha molto da imparare da loro. Gli artisti locali fanno della loro arte una chiara espressione della lotta politica. Li ammiro per questo. Al contrario, noi sakha preferiamo restare in silenzio, non esprimerci direttamente, e anche i nostri artisti, poeti, musicisti preferiscono parlare per metafore.
Parlare apertamente in Russia però è pericoloso.
Lo è. Ma vorrei che la gente smettesse di avere paura e cominciasse ad agire. Il silenzio non ci protegge, dobbiamo prendere l’iniziativa.
Ti sentivi isolato ?
A volte avevo l’impressione di essere l’unico a non aver paura di chiamare le cose con il loro nome. Però non sono il solo in Yacutia a essere contro la guerra. C’è molta resistenza clandestina.
L’invasione dell’Ucraina ha risvegliato il movimento «decoloniale» in Yacutia ?
C’è sempre stato. Le mie canzoni ne parlano. E abbiamo degli attivisti. Ma è vero che la guerra lo ha reso più forte.
Il sakha è una lingua diffusa ?
No, sono in pochi a parlarla. La Federazione osteggia l’uso delle lingue locali. Io l’ho imparata a casa, in famiglia. Ma vengo da un villaggio. Le grandi città sono piene di « mancurti » (personaggio delle novelle di Chinghis Aitmatov che rappresenta la popolazione colonizzata che ha dimenticato la cultura d’origine, ndr). I mancurti parlano come i russi, pensano come i russi e si vestono come i russi. Si sentono russi, ma i veri russi li disprezzano. Non sono a casa loro a Mosca. E non vengono accettati dai veri sakha. I giovani in Yacutia ascoltano musica in inglese e in russo. Anche i gruppi locali cantano in russo.
C’è una vecchia tradizione folk sovietica? Ho visto delle immagini di cacciatori che marchiano le proprie renne con la «Z».
Propaganda. Sono pagati per vestirsi con costumi tradizionali e proclamare che sostengono il cosiddetto «mondo russo» e l’ operazione speciale».
Perché hai deciso di farti chiamare «Ammosov» ?
Maksim Kirovich Ammosov era un leader sakha e un bolscevico della prima ora. Ha combattuto per l’indipendenza e l’autonomia del popolo sakha. Era un grande uomo e un comunista. È morto nelle mani degli staliniani nel 1938. Non è nemmeno seppellito nella sua terra ma in una fossa comune presso Mosca. Mi è sempre piaciuta la sua figura. Era il più giovane tra i comunisti sakha, ma anche il più attivo e il più energetico. Noi sakha siamo un piccolo gruppo etnico, meno di un milione di persone. E la maggior parte di noi ha nomi russi. I nomi di quelli che ci hanno colonizzato due secoli fa. I russi hanno distrutto la nostra cultura e ora pretendono che non sia mai esistita. L’indipendenza è stata la battaglia della generazione di Ammosov. Oggi sta a noi riprendere la lotta.
Intendi dire la lotta armata?
Non c’è altro da fare in Russia. Boris Nemtsov si illude con le sue proteste con i fiori. La resistenza pacifica non funziona. Dobbiamo essere radicali, andare oltre noi stessi e il nostro benessere individuale.
Non c’è il rischio di provocare ancora più violenza?
La violenza c’è già. Non la si vede perché è nascosta dietro i muri delle prigioni. Non è come in Europa o negli Usa.
Nelle tue canzoni parli del gruppo Baader-Meinhof. Per te sono eroi o terroristi?
Entrambi! Piccoli obiettivi richiedono mezzi modesti. Obiettivi radicali richiedono mezzi radicali. Amo la RAF, ho letto molto su di loro.
Quali sono i tuoi obiettivi e i tuoi metodi ?
Voglio che la Sakha diventi una repubblica indipendente. E voglio che le persone non vengano più arrestate e pestate dalle cosiddette forze dell’ordine. Voglio un cambiamento di regime. E penso che sia possibile. Viviamo come nel medioevo, la gente non ha alcun diritto. Non sei d’accordo? Tu dove vivi?
Sono nata a Mosca, vivo in Francia. Non sono mai stata in Yacutia.
Allora non puoi capire. Forse pensi che siamo ragazzini che giocano alla rivoluzione. Passa un anno qui da noi con l’FSB. La gente viene stuprata e uccisa nei commissariati. Non si può capire questo quando si vive in uno stato di diritto. Non immagini cos’è. Io l’ho visto. L’FSB e la polizia torturano la gente. Non gli estremisti o i terroristi, la gente comune. È il loro lavoro.
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