Affitti turistici, il disegno di legge impone almeno due notti. Ma è acqua fresca
Affitti Nessuno strumento viene concesso ai comuni per poter intervenire ulteriormente. Da Milano a Napoli, si lavora a una proposta alternativa che tuteli i residenti
Affitti Nessuno strumento viene concesso ai comuni per poter intervenire ulteriormente. Da Milano a Napoli, si lavora a una proposta alternativa che tuteli i residenti
Una durata minima di almeno due notti «pena la nullità del contratto»: sarebbe questo il principio per la regolazione degli affitti brevi turistici contenuto nel disegno di legge del ministero del Turismo circolato ieri. Un principio che non limita ma legittima la trasformazione di case in Airbnb.
Il limite (con una deroga per i nuclei di locatari composti da un genitore e tre figli) riguarda solo le attività non imprenditoriali (ovvero la locazione breve di non più di quattro appartamenti da parte di un unico soggetto) nei centri storici delle 14 città metropolitane. Facoltativo nei comuni ad alta densità turistica e sono esclusi i comuni a vocazione turistica con meno di 5mila abitanti. Il testo prevede l’assegnazione di un codice identificativo nazionale, da inserire in una banca dati annunciata nel 2021 e mai istituita, e multe fino a 5mila euro per chi ne è sprovvisto. Infine, prevede la creazione da parte dell’Istat di una nuova classificazione dell’attività ricettiva in appartamenti esercitata in forma imprenditoriale, e uno specifico codice Ateco.
Il limite di due notti non avrebbe alcun effetto: la durata media del soggiorno turistico in Italia è di 3,3 notti. «L’affitto breve di una sola notte è raro; è un’opzione imposta dagli algoritmi di ranking delle piattaforme» commenta il geografo Filippo Celata che studia il fenomeno. Secondo Federalberghi il limite «suona come una presa in giro» perché si applicherà solo su a una minima parte dei flussi turistici mentre «grandi e piccoli centri sono invasi da una marea di alloggi che operano sul mercato alberghiero senza rispettarne le norme».
Nessuno strumento viene concesso ai Comuni per poter intervenire ulteriormente, non esiste una definizione di centro storico e la frammentazione di competenze tra Stato (per le locazioni) e regioni (per il turismo) non viene risolta. Secondo Celata «se anche il limite avesse un effetto restrittivo sarebbe compensato da una crescita del fenomeno a ridosso dei centri perfino più insidiosa». Secondo i sindacati della casa Sunia, Sicet ed Uniat non si capisce come l’infrazione del limite possa essere accertata: il ministero del Turismo non ha competenza sui contratti di locazione (anche di un solo giorno) e per quelle brevi non c’è obbligo di registrazione.
La norma è inedita nel contesto europeo. Le misure adottate in numerose città in Europa, come il limite annuale di notti per le locazioni di interi appartamenti, tutelano la residenzialità. La proposta italiana, al contrario, è l’esito di un tavolo ministeriale partecipato dagli assessori al turismo delle città metropolitane. Ha fatto eccezione Bologna, con la partecipazione della vicensindaca Emily Clancy, con delega alle politiche abitative. Secondo Clancy il disegno di legge è un’occasione persa. «Dobbiamo garantire il diritto alla casa, anche regolamentando le piattaforme. Esiste una proposta perfetta ed è quella di Alta Tensione Abitativa, partita da Venezia, che mira a tutelare la residenzialità, con misure differenziate territorialmente».
Una legge sugli affitti brevi è una delle cinque proposte presentate da un’alleanza municipalista tra gli assessori alla casa di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Verona, Padova, Parma, Lodi e Bergamo insieme all’Anci a inizio a aprile a Bologna. «Questo percorso sta andando avanti anche grazie all’invito dell’Anci ad altre città a partecipare e ad adesioni di città medie» afferma Clancy. Il prossimo appuntamento sarà a Napoli dove il 13 giugno si terrà la tavola rotonda «Un manifesto delle città sull’emergenza abitativa» con l’Anci e i sindaci di 12 città.
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