Avrebbero dovuto essere tutti spenti già lo scorso 31 dicembre, come prevedeva il patto di coalizione fra i partiti del governo Scholz, ma poi la crisi energetica innescata dall’embargo del gas russo ha imposto di prolungare la vita degli ultimi impianti ancora attivi. Stavolta, però, non ci saranno ulteriori rinvii: fra quarantotto ore esatte verranno disattivate per sempre le centrali nucleari Isar-2 in Baviera, Emsland in Bassa Sassonia e Neckarwestheim-2 nel Baden-Württemberg con capacità di circa 1.400 gigawatt ciascuna.
Del resto, la sorte dei tre reattori entrati in servizio nel 1988 era già segnata al di là dell’esito della battaglia politica per includere l’Atomo nella tassonomia energetica dell’Ue. Ben prima, a Berlino avevano varato la norma che vietava ai gestori degli impianti l’acquisto di nuove barre di combustibile, obbligandoli di fatto al funzionamento ridotto.

ORA INIZIA LA LUNGHISSIMA fase del phase-out; partirà con lo smantellamento fisico delle centrali in attesa di capire quale sarà la sorte finale dei rifiuti radioattivi. Sicuramente dopo il «periodo di decadimento» il combustibile esaurito verrà trasferito negli appositi centri di stoccaggio provvisorio per almeno un lustro, prima della «fase di disattivazione» per cui ci vorranno altri decenni.
Ma resta tutto ancora da scrivere il capitolo del deposito definitivo (endlager) dove stoccare le migliaia di tonnellate di bidoni tossici che rappresentano l’eredità complessiva del programma nucleare tedesco avviato negli anni Sessanta e fermato dall’ex cancelliera Angela Merkel venti giorni dopo il disastro di Fukushima.

Secondo il cronoprogramma del governo Scholz entro i prossimi otto anni bisognerà trovare «una cavità sotterranea profonda almeno un chilometro in grado di ospitare in sicurezza per almeno un milione di anni» tutti i rifiuti catalogati come High level Waste.

IN COMPENSO la mancanza dei watt nucleari non rappresenterà un problema per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici. «La situazione è sotto controllo grazie agli alti livelli negli impianti di riserva del gas, ai nuovi terminali di Gnl e – non da ultimo – al deciso aumento delle rinnovabili» tiene a precisare il ministro dell’Economia, Robert Habeck, leader dei Verdi.
Non prima di aver precisato come «la costruzione di nuove centrali nucleari si è sempre rivelata un fiasco economico, sia in Francia che nel Regno Unito o in Finlandia, mentre gli operatori tedeschi non sono più interessati al settore. Il nostro sistema energetico in futuro sarà completamente diverso: entro il 2030 la Germania produrrà l’80% della sua energia da fonti rinnovabili».

Messaggio diretto ai contrari all’uscita dal nucleare: dai liberali partner nel governo che si sono visti cassare la proposta di tenere le centrali accese fino al 2024, fino ai cristiano-democratici secondo cui «sabato sarà il giorno più nero per la protezione del Clima» come denuncia l’ex ministro della Sanità, Jens Spahn, accusando Habeck di «preferire lo sporco delle centrali a carbone piuttosto che il pulito del nucleare». Poco importa alla Cdu se la leggenda sia stata scientificamente smentita dall’autorevole Agenzia federale per l’Ambiente con l’analisi del «forte inquinamento provocato dall’estrazione dell’uranio, funzionamento della centrale, e stoccaggio permanente dei rifiuti tossici».

CHI PAGHERÀ LA CHIUSURA delle centrali? Tredici anni fa il governo federale e gli operatori energetici hanno chiuso l’accordo sulle spese. In pratica lo Stato pagherà 33,2 euro per ogni megawattora non prodotto. Significa 2,4 miliardi di euro pubblici alle società Rwe, Vattenfall, Eon e Enbw come forma di risarcimento per la chiusura anticipata degli impianti non vetusti, come la relativamente giovane centrale di Krümmel gestita da Vattenfall.

In particolare Rwe incasserà 860 milioni a compensazione della breve vita della centrale di Mülheim-Kärlich (ha funzionato solo per 100 giorni) mentre insieme a Eon e Enbw riceverà altri 142 milioni per pareggiare gli investimenti effettuati alla vigilia della decisione di uscire dal nucleare. Gli oneri dello smantellamento saranno invece tutti a carico delle imprese. Solo per le tre centrali in chiusura sabato prossimo si prevedono da 500 milioni fino a 1 miliardo di euro per ogni impianto.