All’alba dello scorso sabato si è spento Ugo Adilardi, per diversi anni presidente dell’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico. Ieri si sono tenuti i funerali al Tempietto egizio presso il cimitero del Verano di Roma.
Adilardi assunse quella carica in un momento complicato per la fondazione, che versava in una fase di difficoltà economiche. Grazie ad un atteggiamento gentile e tenace, fermo e appassionato, l’Archivio cominciò a risollevarsi e a navigare in acque assai più tranquille. Simili virtù sono unanimemente riconosciute e ne fanno una figura di riferimento nel cinema, e non solo. In un ruolo ricoperto in passato – tra gli altri – da Cesare Zavattini ed Ansano Giannarelli (di cui fu stretto collaboratore) – Adilardi svelò via via qualità di direzione e capacità di sintesi non usuali.

LA SUA VITA professionale ha attraversato generi assai diversi: dal cinema politico, all’universo documentaristico, alla partecipazione a imprese tecniche e produttive di rilievo. Un caso di matrimonio riuscito dell’impegno culturale e civile con il rigore specialistico. Non per caso, in Archivio è sempre stato vissuto come un angelo custode, qualsiasi fosse l’iniziativa da assumere. Che si trattasse di progettare un ciclo di dibattiti o di organizzare in brevissimo tempo le riprese di una manifestazione sindacale o di una lotta spontanea. Esperto e rosso: equilibrato, ma non ecumenico.
A guardare l’ampiezza dei titoli, si coglie uno spessore da testimoniare per chi non l’ha conosciuto. Spesso è solo dopo la morte che certi meriti in vita passati inosservati – anche per un carattere schivo e umile – emergono con chiarezza. Qualche esempio: la produzione di Un silenzio particolare di Stefano Rulli; No Nukes, Calle Miguel Claro, Poco più a sud-Vivere in Messico, lavorare in America; I veleni del profitto; Veleni d’Italia; la partecipazione a Acta de Chile di Miguel Littin, girato segretamente sotto la dittatura di Pinochet; la regia con Schellino e Sornaga di La lunga marcia del ritorno sui campi profughi in Giordania; svariate realizzazioni insieme al gruppo collegato all’Archivio denominato Opponiamoci. Oltre alla presenza nel collettivo che girò L’addio a Enrico Berlinguer. Ma l’opera che colpisce di più , senza nulla togliere al resto, rimanda a uno dei tratti peculiari di Adilardi, quello di regista della natura. Va ricordato Ippopotami-parole sott’acqua, coprodotto dalla sua vecchia società Paneikon con Rai tre, Discovery Channel e le emittenti NHK e NDR. L’intuizione straordinaria fu l’uso di telecamere remotate nell’acqua, capaci di cogliere comportamenti degli ippopotami non visti prima, tra cui un’ emozionante sequenza di allattamento. Una tale attenzione alla natura era un segno di una densità umana non comune. Amava la fotografia e la musica.

NON SOLO gli ippopotami. C’è, poi, l’esperienza militante col regista Antonello Branca, il cui Fondo è custodito in Archivio; come il lavoro di Adilardi. Nella tomba lo accompagna l’opera di un amico di eccezione: Fernando Birri, il padre del nuovo cinema latino-americano.