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«Acquedotto pugliese nel mirino dei privati»

«Acquedotto pugliese nel mirino dei privati»

Intervista Incontro con Paolo Carsetti (Forum dei movimenti) sulla scelta di Palazzo Chigi di impugnare la legge pugliese che conferma la gestione pubblica del servizio idrico

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 6 giugno 2024

Multinazionali assetate di profitto puntano ad accaparrarsi l’acqua, col beneplacito del governo Meloni. Sarebbe in corso un ulteriore tentativo di erodere l’esito referendario del 2011 sulla gestione del servizio idrico. La partita si gioca in Puglia. “L’Acquedotto pugliese fa gola a tanti. È nel mirino delle multinazionali, che puntano ad allargarsi soprattutto verso il sud Italia”. Lo sostiene Paolo Carsetti, rappresentante del Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua.

Carsetti, l’acquedotto pugliese in questi giorni è alla ribalta della cronaca. Perché?
Nel 2025 scadrà la concessione ed è stata approvata una legge regionale con cui, sostanzialmente, si rinnova l’affidamento cosiddetto “in house”, perché attualmente l’acquedotto pugliese è una società per azioni a totale capitale pubblico, controllato interamente dalla Regione Puglia. La strategia utilizzata per il rinnovo dell’affidamento è quella di creare una cosiddetta società veicolo, per far subentrare nella gestione di una parte delle quote anche i comuni pugliesi. Il governo Meloni ha deciso di impugnare questa legge per illegittimità costituzionale. Ravvede in alcune disposizioni una contraddizione con la normativa in materia sulla concorrenza. È questa la questione che ci preoccupa maggiormente.

Perché è preoccupante secondo voi l’azione posta in essere dal Consiglio dei ministri?
Perché dalle dichiarazioni di alcuni rappresentanti, deputati di maggioranza, emerge una preferenza per una modalità di gestione, quella della gara, differente dall’affidamento diretto, quello scelto per l’acquedotto pugliese, a cui dovrebbe poter partecipare anche un’azienda totalmente pubblica ma che comunque apre al mercato. Quelli che si vogliono tutelare sono proprio i principi del mercato e quindi garantire la concorrenza. Sempre sulla base delle dichiarazioni rilasciate, si sostiene che la concorrenza sia l’unica modalità che può garantire efficienza nella gestione. Cosa che non è supportata dai fatti, perché in Italia oggi ci sono diverse grandi aziende che gestiscono il servizio idrico con la partecipazione del privato e sono tutt’altro che efficienti, anzi sono inefficienti con costi gravosissimi per gli utenti.

Che ruolo ha avuto in questa vicenda l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato?
Ultimamente questa autorità è molto interventista, che sponsorizza il mercato. C’è una ideologia di fondo secondo cui il mercato è l’unica modalità che possa garantire efficienza ed economicità. Un’ideologia che è smentita dai fatti. Da oltre 25 anni il modello è basato sul mercato e sull’ingresso dei privati nel capitale azionario delle aziende. I privati hanno portato tutt’altro che capitali, come si era detto 25 anni fa, quando si sosteneva che se lo Stato non fosse in grado di garantire finanziamenti adeguati doveva intervenire il privato. È avvenuto il contrario, il privato essendo azionista partecipa nella spartizione dei dividendi che vengono dati annualmente. E non ha portato maggiore efficienza nella gestione, perché la rete idrica italiana – come è evidente – è un colabrodo. Anche le aziende cosiddette modello hanno perdite superiori alla media nazionale ed europea. I dati migliori da questo punto di vista arrivano dalle società a totale capitale pubblico. Con l’impugnazione si vuole rimettere in discussione questo modello e riaprire al mercato. Dalla Regione Puglia hanno già fatto sapere che, pur mantenendo in piedi l’impianto della gestione pubblica, vorrebbero proporre alcune modifiche alla legge. Laddove non si raggiungerà un accordo, sarà la Corte costituzionale ad esprimersi non prima di un anno.

Che peso ha l’acquedotto pugliese nello scenario idrico nazionale?
È l’acquedotto più grande d’Europa in termini di dimensioni. È la grande azienda unitaria che gestisce il servizio integrale del Sud Italia. Non esistono grandi aziende di quel livello nelle altre regioni. È un’azienda che è stata creata con fondi pubblici circa un secolo fa. Si è passati da un tempo in cui si diceva che era un’azienda che dava più da mangiare che da bere ad un’azienda che gestisce abbastanza efficientemente e che, rispetto al panorama del Sud Italia, possiamo definire tra le migliori. È entrata nel mirino delle multinazionali, che vogliono allargare il loro territorio di competenza e puntano a quei territori in cui il servizio è già gestito in maniera sostanzialmente efficiente, per fare meno investimenti e meno interventi. Inoltre, occorre tener conto che il Mediterraneo è un hotspot dei cambiamenti climatici, in particolar modo rispetto alla risorsa idrica, e che la Puglia è una regione sostanzialmente priva di grandi riserve d’acqua. In una situazione di progressiva diminuzione della disponibilità d’acqua, è evidente che fa gola a molti arrivare a gestire un servizio così importante.

Ad aprile il Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua ha annunciato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Che ne è stato del referendum?
Si è deciso durante l’assemblea nazionale di ricorrere alla Corte europea per i diritti dell’uomo perché in Italia, secondo noi, non si è proceduto al rispetto dell’esito referendario, con una serie di norme che hanno contraddetto quell’esito prediligendo la strada della privatizzazione. Per questo ci preoccupa molto quello che sta accadendo in Puglia, non sarebbe la prima volta che si va in questa direzione con tutta una serie di escamotage. È un leitmotiv che va avanti da anni e non ha colore politico. Tutti i governi si sono adoperati per evitare l’attuazione dell’esito referendario, il cui anniversario ricorre il 12 e 13 giugno. Questo è il panorama del livello di democrazia in Italia: 27milioni di persone hanno votato per dire che avrebbero voluto una gestione pubblica del servizio idrico e, ad oggi, ci troviamo ancora a dover contrastare il rilancio dei processi di privatizzazione. Con il ricorso, che presenteremo prima dell’estate insieme al professor Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto pubblico all’Università di Napoli Federico II e al professor Pasquale De Sena, docente di diritto internazionale all’università di Palermo, intendiamo spiegare alla Corte che c’è uno svantaggio enorme, in termini di servizio reso e di costo del servizio, tra l’utente che sottostà a una gestione privatistica ed uno che sottostà a una gestione pubblica.

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