Sembrava cosa fatta l’estradizione in Argentina di Franco Reverberi Boschi, l’ex cappellano militare di origini italiane accusato di crimini contro l’umanità commessi durante la dittatura militare e scappato nel 2011 nel nostro paese proprio per sfuggire alla giustizia. Dopo una vicenda giudiziaria durata ben 12 anni, a luglio la Corte d’appello di Bologna aveva finalmente accettato l’estradizione del prete, che era stato accolto dalla parrocchia dei Santi Faustino e Giovita a Sorbolo, in provincia di Parma, dove era nato nel 1937.

E lo stesso aveva fatto lo scorso ottobre la Corte di Cassazione, respingendo l’istanza presentata dall’87enne ex cappellano, il quale aveva provato inutilmente a far leva sui suoi problemi di salute. Sembrava insomma che non dovesse esserci davvero più scampo per il sacerdote, accusato dalle autorità argentine dell’omicidio, nel 1976, del ventenne José Guillermo Beron, tuttora desaparecido, e di aver assistito, con la Bibbia sotto il braccio, a numerose torture nel centro di detenzione clandestina noto come La Departamental, a Mendoza.

Ci ha pensato tuttavia il ministro della Giustizia Carlo Nordio a ribaltare la situazione a favore di Reverberi Boschi, revocando, mercoledì scorso, la sua estradizione proprio per motivi di salute, malgrado la perizia medico-legale disposta dalla Corte d’appello di Bologna avesse ritenuto le sue patologie cardiologiche «compatibili con la possibilità di effettuare un viaggio aereo intercontinentale».

Secondo Nordio, al contrario, il trasferimento in Argentina potrebbe avere «conseguenze esiziali» sul prete, tanto più in ragione della sua «età estremamente avanzata». Senza contare che la «prospettiva di non fare più ritorno in territorio italiano» gli procurerebbe «un rilevante stress psicologico».