Accesso ai terreni pubblici abbandonati: 40 comuni ci provano. Nascono le prime cooperative di lavoro
«Norme per l’utilizzazione delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate»: la legge n. 440 del 1978 dà alle regioni la possibilità di assegnare per la coltivazione terre non in uso, anche appartenenti ad enti pubblici e morali, compresi i terreni demaniali. La norma funge da quadro generale. Nel 2017 la legge 123 ha istituito la «Banca delle terre abbandonate o incolte». Per applicarla, è stato introdotto fra l’altro il Sibater (Supporto istituzionale alla Banca delle terre), destinato intanto ai comuni del Sud – otto regioni – intenzionati a far leva sul fattore «terre pubbliche» per costruire strategie sostenibili di sviluppo locale. Sono stati 18 i progetti bandiera attraverso i quali 40 Comuni hanno potuto completare l’affidamento in gestione di terreni ed edifici.
SIBATER HA ACCUMULATO conoscenze e relazioni sulla base delle quali, dopo la sua conclusione nel 2022, è iniziato il nuovo progetto Banca delle Terre, gestito dalla Fondazione Ifel (dell’Associazione comuni italiani – Anci). Il raggio d’azione si è esteso a livello nazionale. Rimane il nome nel sito www.sibater.it, strumento di informazione e servizio per valorizzare almeno una parte di quei 3,5 milioni di terreni agricoli che sono inattivi da almeno tre anni. Diverse regioni hanno disposto banche regionali della terra (l’elenco si trova in un vademecum di Anci e Sibater).
SONO COSI’ NATE, SOPRATTUTTO in aree interne soggette ad abbandono, esperienze di cooperative di comunità. Come Germinale in valle Stura, Fer-menti leontine nel riminese, la Casa delle agricolture in Puglia. La terra diventa fine e mezzo per un processo di restanza, per attività eco-agricole e per lo sviluppo di microfiliere come mulini, forni, vivai, laboratori di trasformazione.
LA COOPERATIVA agricola Co.r.ag.gio, sulla via Cassia a Roma, è la protagonista di un’assegnazione importante, apripista (si spera): il Borghetto san Carlo, complesso agricolo costituito da 22 ettari di terreno e da alcuni casali storici dei primi del Novecento, è stato restituito alla collettività dopo una lunga fase di abbandono. Riepiloga Giacomo Lepri, coordinatore della cooperativa (sul sito di Sibater): «Dopo dodici anni arriva alla vittoria una dura lotta per l’agricoltura sulle terre pubbliche, per il rispetto di una convenzione urbanistica a Roma e per una nuova modalità di intendere la multifunzionalità come welfare. Borghetto san Carlo era già stato restituito alla vitalità agricola dal 2015, quando fu assegnato alla nostra cooperativa con il bando Roma città da coltivare, bando figlio di una vertenza partita nel 2011, animata dalla Co.r.ag.gio attraverso il Coordinamento romano per l’accesso alla terra. Una progettualità ben definita e calibrata sulle esigenze della città e della sua agricoltura, sulla possibilità di creare un modello di manutenzione e messa a servizio delle tante tenute verdi che innervano la metropoli, con grandi esternalità sociali». Alla luce di questa esperienza, la giunta di Roma capitale ha deciso di censire le terre pubbliche (sulla base dell’esperienza Sibater) incluse nel patrimonio capitolino per favorire giovani agricoltori under 40, coltivazioni biologiche, promozione della biodiversità, attività rivolte allo sviluppo delle energie rinnovabili e al risparmio energetico, nuova occupazione.
E IL «RECUPERO E AFFIDAMENTO in comodato d’uso delle terre pubbliche incolte e abbandonate» è fra le proposte di equità sociale e tutela del lavoro emerse dall’alleanza fra il mondo dei braccianti (spesso stranieri) rappresentato dal sindacato Usb e il movimento contadino La Vía campesina.
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