Aborto, la rabbia dei pro-life che promettono la rivincita nelle urne
Legge 194 Le reazioni al voto del Parlamento europeo. I dati della disparità in Italia
Legge 194 Le reazioni al voto del Parlamento europeo. I dati della disparità in Italia
A giudicare dalle reazioni che ha suscitato in Italia la risoluzione approvata ieri a larga maggioranza dal Parlamento europeo, il segnale politico che si è levato dalla plenaria è andato decisamente a segno, anche se nei fatti si tratta ovviamente, a questo punto della legislatura, di un documento dalla portata più simbolica che reale.
«Oggi è un giorno tragico per la storia dell’Europa e per i suoi valori fondanti», tuona infatti Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus, l’associazione che ieri ha inviato per le strade di Bruxelles un grande camion-vela con l’immagine stilizzata di un feto insanguinato e lo slogan: «To kill a baby is not a fundamental right» («Uccidere un bambino non è un diritto fondamentale»). E che ora promette battaglia nelle urne europee di giugno. Ma in realtà, è soprattutto la richiesta di vietare i finanziamenti ai «gruppi anti-genere e anti-scelta» che manda in tilt i pro-life italiani, da sempre forti del sostegno anche finanziario della Chiesa e delle destre e ora rinvigoriti dal recente documento «Dignitas infinita» che ribadisce la posizione intransigente sull’aborto di Papa Francesco: uno dei delitti più gravi e deprecabili «che l’uomo può compiere contro la vita».
DI CONTRO, L’ITALIA LAICA e libertaria trova una sponda (e un sollievo) nel documento con cui gli europarlamentari spronano la Commissione Ue e condannano in particolare l’Italia per la disparità di accesso ai servizi di Interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) dovuta all’«ampia maggioranza di medici» che si dichiara obiettore di coscienza in alcune regioni. Per la Cgil, ad esempio, è «un voto storico» che «dà un segnale fortissimo sulla tutela dei diritti e l’autodeterminazione delle donne». «I deputati che rappresentano le forze di governo, Fd’I, Lega e FI, hanno votato contro il diritto all’autodeterminazione delle donne – afferma la segretaria confederale Lara Ghiglione – non nascondendo quindi quale sia la loro visione del ruolo della donna nella società del XXI secolo».
Stesso entusiasmo espresso a più voci dal Pd. Tra gli altri la deputata dem Laura Boldrini, presidente del Comitato permanente sui diritti umani nel mondo, sottolinea in particolare il «monito preciso» indirizzato agli Stati come l’Italia dove «in molte regioni è sostanzialmente impossibile accedere all’aborto, le donne sono spesso costrette a girare in lungo e in largo per il Paese prima di trovare un medico o una struttura dove potere interrompere la gravidanza, e nei consultori si dà sempre più spazio ad associazioni e movimenti contrari alla libertà di scelta».
In Italia, in effetti, la legge 194 che tra poco più di un mese compirà 46 anni è applicata da sempre, e sempre più, a macchia di leopardo. E non perché, come ha spesso ripetuto la premier Meloni, non sempre garantisce a sufficienza alternative possibili alle donne che potrebbero non voler abortire. Tutt’altro: nell’ultima Relazione al parlamento trasmessa il 12 settembre 2023 e basata sui dati del 2021 si sottolinea che «nel 2021 il fenomeno dell’obiezione di coscienza ha riguardato il 63,6% dei ginecologi (valore in diminuzione rispetto al 64,6% del 2020), il 40,5% degli anestesisti e il 32,8% del personale non medico. Si rilevano – evidenzia il report dello stesso ministero della Salute – ampie variazioni regionali per tutte e tre le categorie».
UN PROBLEMA CHE POTREBBE essere gestito a norma di legge – garantendo il servizio con medici gettonisti o con assunzioni ad hoc – o aggirato, privilegiando e agevolando la pillola abortiva Ru486 che, ad esempio, nei Paesi scandinavi è usata nel 98% delle Ivg. E invece, sempre secondo l’ultima Relazione al parlamento, da noi «il ricorso all’aborto farmacologico varia molto tra le regioni, sia per quanto riguarda il numero di interventi che per il numero di strutture che lo offrono». Solo negli ultimissimi anni il trend nel tempo evidenzia un aumento dell’uso di Mifepristone e Prostaglandine in tutte le regioni: nel 2020 il 35,1% delle Ivg era effettuato con uno o entrambi i farmaci abortivi mentre nel 2021 la percentuale è salita al 48,3% .
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