«L’occupazione di questa università è ufficialmente iniziata», annunciano gli studenti che si affacciano al terrazzino sul primo piano della sede centrale di Ca’ Foscari e srotolano uno striscione che invoca la libertà per la Palestina. Nella corte dell’elegante palazzo gotico prende forma un accampamento improvvisato con tende, panche e tavolini che ospiteranno il pranzo comune, con cartelli e bandiere palestinesi ovunque. Anche Venezia si unisce alla protesta che sta portando gli studenti di tutto il mondo a occupare in supporto alla causa palestinese.

È di prima mattina che una trentina di studenti si riunisce nel punto di raccolta, in prevalenza membri del longevo collettivo Lisc, che mette insieme rappresentanti delle quattro università veneziane (Ca’ Foscari, Iuav, Accademia e conservatorio), nato una decina di anni fa con l’occupazione del giardino di Ca’ Bembo. Il numero dei partecipanti cresce nel corso della giornata, mentre qualche turista si aggira tra le tende, dà un’occhiata, scatta un selfie.

In rettorato è in corso una riunione, in cui è presente anche la rettrice Tiziana Lippiello. Dopo un confronto acceso con due rappresentanti del senato accademico, gli studenti vengono fatti salire in rettorato. Alice Bazzoli, studentessa 23enne portavoce del collettivo, prende il microfono: «Vi stiamo chiedendo di rispettare i diritti umani basilari e di non rendervi complici del genocidio. Resteremo qui fino a quando le nostre richieste saranno accolte. Fuori Israele dalle università». Vengono poste richieste precise, come le dimissioni della rettrice da MedOr, fondazione del gruppo Leonardo (come è accaduto a Bari) e la sospensione di programmi di collaborazione come Erasmus+.

Il pro-rettore, il prof. Antonio Marcomini, dice che l’università su questi temi ha preso posizioni chiarissime, per esempio attivando borse di studio per gli studenti palestinesi, «ma noi non siamo il ministero degli esteri». La rettrice Lippiello fa notare che la riunione è un incontro tecnico, in cui non è possibile prendere alcuna decisione, ma che le richieste degli studenti saranno ascoltate. Ai presenti non basta: giusto il mese scorso, in una nota apparsa su un quotidiano locale, la rettrice precisava che, per il momento, nessun componente di MedOr sarebbe uscito dalla fondazione. La decisione è presa: l’occupazione durerà a oltranza.

All’interno dell’edificio viene allestita un’aula studio, mentre nel pomeriggio decine di universitari si riuniscono in cerchio per l’assemblea operativa, che servirà a organizzare le prossime giornate di occupazione. Il programma della prima giornata è lungo, con la proiezione di un documentario sulla residenza palestinese e poi, in serata, un aperitivo aperto a tutti.

L’occupazione dell’università segue una settimana densa per il collettivo, coinvolto nella manifestazione di protesta contro il G7 della Giustizia, in cui alcune centinaia di attivisti sono stati respinti dalla polizia prima di poter raggiungere la sede dell’incontro. Inoltre, più di un centinaio tra studenti, docenti e personale amministrativo delle università si è riunito in un’assemblea aperta per organizzare la mobilitazione che ha portato all’occupazione di Ca’ Foscari, con la curiosità e il sostegno di molti lavoratori dell’università.

La tensione in città, tuttavia, è alta. Al Lido sono apparse delle violente scritte antisemite, subito cancellate. E, dopo sette mesi, è appena stata tolta la bandiera di Israele dalla facciata del comune, dopo le ripetute richieste dell’opposizione in consiglio comunale. Nel tentativo di ricordare gli oltre 35mila morti palestinesi, le tende all’università, per il momento, restano.