A Terra Madre il cibo nutre la transizione ecologica
L'iniziativa Dal 22 al 26 settembre a Torino la quattordicesima edizione del festival di Slow Food. La prima volta del nuovo presidente Edward Mukiibi, agronomo, 36 anni, ugandese
L'iniziativa Dal 22 al 26 settembre a Torino la quattordicesima edizione del festival di Slow Food. La prima volta del nuovo presidente Edward Mukiibi, agronomo, 36 anni, ugandese
Rigenerazione. È l’idea al centro della nuova edizione di Terra madre – Salone del gusto, il festival organizzato da Slow Food per mettere intorno a un tavolo agricoltori, allevatori, rappresentanti di popolazioni indigene, cuochi, migranti e attivisti. Dal 22 al 26 settembre nel parco Dora di Torino saranno circa 3mila, provenienti da 150 paesi. Obiettivo: fare del cibo il motore della transizione ecologica e del rinnovamento sociale.
«NON DOBBIAMO nascondere le responsabilità dell’attuale sistema alimentare globale nel cambiamento climatico: il 33% delle emissioni di Co2 dipendono da esso, contro il 17% di quelle prodotte da tutti i mezzi di trasporto», afferma Carlo Petrini, fondatore dell’organizzazione.
PER TRASFORMARE il cibo in una leva della «rivoluzione ecologica», che Petrini vede come un lungo processo al pari della precedente rivoluzione industriale, Slow Food indica cinque direttrici: valorizzare l’agroalimentare locale e la stagionalità dei prodotti; ridurre gli sprechi di cibo che oggi mandano nella spazzatura il 33% degli alimenti prodotti; limitare il consumo di carni; eliminare la plastica monouso dall’industria di bevande e cibi; abbattere il consumo di pietanze iperprocessate.
URGENZE su cui occorre lavorare da subito, nonostante la pandemia prima e la guerra poi abbiano messo in secondo piano il tema della transizione ecologica all’insegna di una falsa concezione di realpolitik che rischia di rendere impossibile qualsiasi inversione di marcia. «Sono fortemente convinto che la crisi climatica sia a un punto ormai irreversibile e che difficilmente questa corsa potrà essere fermata nel breve periodo. Ma non possiamo più distrarre l’attenzione dallo sconquasso che sta avvenendo», denuncia Petrini.
QUELLA DEL 2022 sarà l’edizione di Terra Madre numero quattordici. La prima risale al 2004. Slow Food era già attiva da 15 anni e diffusa in 40 paesi. In nessuno di questi, però, si registravano fenomeni di carenza alimentare. L’organizzazione, insomma, rimaneva in un mondo della gastronomia un po’ «elitista». È stato proprio Terra Madre lo strumento per ampliare la rete di attivisti e coinvolgere nuove parti del mondo in un ripensamento complessivo del concetto di cibo e scienze gastronomiche. Al festival si è affiancata poco dopo l’università di Polenzo che della combinazione di discipline agrarie, mediche, economiche, antropologiche e tecnologiche ha fatto la sua ragion d’essere per sviluppare un approccio innovativo e complessivo al settore alimentare. Questione politica, prima che estetica o di gusto.
UN PICCOLO GRANDE successo della scommessa di Terra Madre è rappresentato dal cambio al vertice di Slow Food International avvenuto quest’estate. Petrini ha passato il testimone a Edward Mukiibi. 36 anni, agronomo, laureato alla Makerere University di Kampala e poi studente dell’università di Polenzo, Mukiibi è entrato in contatto con l’organizzazione proprio attraverso il festival, dopo una grossa delusione personale. In Uganda aveva partecipato a un progetto per diffondere un seme ibrido di mais che avrebbe dovuto risolvere i problemi dei coltivatori locali ma li ha moltiplicati alla prima siccità. Da quell’esperienza il cambio di rotta verso un’agricoltura rigenerativa di ambiente e tessuti sociali e la ricerca di realtà affini in giro per il mondo.
«NEL 2008 ho raccolto l’invito di Terra Madre e mi sono ritrovato in mezzo a migliaia di persone che condividevano le mie stesse idee. Da lì è nato un grande lavoro di costruzione di reti dal basso in diversi paesi africani, per mettere in relazione produttori, attivisti e consumatori», ha detto ieri Mukiibi nella conferenza stampa di presentazione del festival. «La crisi climatica non è un mito. Ne abbiamo visto gli effetti anche in Italia, con l’estate più calda e secca che ricordiamo. Dobbiamo agire immediatamente. Le comunità devono fare pressione su chi prende le decisioni politiche per cambiare il sistema alimentare», ha affermato il presidente di Slow Food.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento