A Ramstein, di nuovo: l’occidente vara il nuovo pacchetto-aiuti per l’Ucraina
Il limite ignoto I ministri della Difesa di 50 paesi tornano nella base militare americana dove nacque l'agenda della guerra. Stanziati dagli Usa 675 milioni per le armi e 2 miliardi e mezzo in aiuti
Il limite ignoto I ministri della Difesa di 50 paesi tornano nella base militare americana dove nacque l'agenda della guerra. Stanziati dagli Usa 675 milioni per le armi e 2 miliardi e mezzo in aiuti
Tutti convocati nella più grande base Usa in Europa per ribadire il «sostegno a lungo termine a Kiev» scandito dal governo di Washington, pronto a mettere sul campo 675 milioni di dollari in aiuti militari.
Per la quinta volta dal «summit straordinario» che lo scorso 26 aprile ha rotto il tabù del riarmo europeo, il Gruppo di Contatto sull’Ucraina si è riunito nel complesso bellico dove tutto è “ri-Nato”. Ieri nel mega-aeroporto dell’Us Air Force nella Renania-Palatinato i ministri della Difesa e i massimi responsabili militari di 50 Paesi hanno definito il nuovo piano per il supporto all’esercito ucraino, accogliendo le specifiche richieste presentate di persona dal ministro della Difesa ucraino Olexiy Resnikov.
È l’«Agenda Ramstein»: nata a fine aprile scorso come vertice d’urgenza per coordinare i primi aiuti al governo Zelensky, è diventata il briefing mensile da cui ormai dipende la politica estera dell’Ue. Attorno allo stesso tavolo, da Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, a Lloyd Austin, segretario alla Difesa Usa incaricato dal presidente Joe Biden di spiegare agli alleati europei che «il confronto contro l’aggressore Putin sarà lungo ma bisogna continuare con la massima determinazione perché siamo di fronte a un momento-chiave della guerra».
Mentre la ministra della Difesa tedesca, Christine Lambrecht, e l’ omologa olandese Kajsa Ollongren mettevano a punto il piano per formare i primi venti sminatori dell’esercito ucraino: altro tassello della collaborazione militare tra Berlino e L’Aia inaugurata con la comune consegna degli obici a Kiev e la triangolazione dei missili Patriot arrivati in Ucraina via Slovacchia.
Prima dell’inizio del summit il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha dichiarato di aver sollecitato il cancelliere Olaf Scholz per la consegna di carri armati “Leopard 2” della Bundeswehr che Kiev chiede dall’inizio della guerra.
Dalla base di Ramstein non è arrivato l’atteso «ja» ma neppure il «nein» ribadito nei mesi scorsi. In compenso la ministra Lambrecht ha assicurato che consegnerà nelle prossime settimane la seconda tranche di tank-antiaerei modello “Gepard” e i ponti blindati “Biber”. Inoltre a Berlino preparano la spedizione dell’equipaggiamento invernale: generatori per la produzione di energia ma anche tende e perfino stivali per le truppe al fronte, sempre come da lista dei generali ucraini.
«Se le forze armate ucraine sono ben equipaggiate sono la migliore salvaguardia per l’Ucraina ma anche per noi in Europa», riassume Lambrecht, con singolare chiosa sui confini europei che da mesi non arrivano più fino agli Urali.
«I soldati ucraini hanno ispirato il mondo con la determinazione a difendere la propria democrazia. L’aiuto senza precedenti fornito a Kiev per contrastare l’atroce aggressione russa ha permesso all’Ucraina di resistere all’offensiva» ricorda Austin agli alleati che non sono solo dell’Alleanza atlantica e, in teoria, non hanno ufficialmente indossato tutti l’elmetto. Come la neutrale Austria che ieri ha partecipato all’«Agenda Ramstein» in veste di osservatore, mentre ai nuovi membri Nato scandinavi veniva indicato l’esempio della Norvegia pronta a girare agli ucraini un nuovo stock di missili aria-terra “Hellfire”.
E da Ramstein, Austin informa anche il Congresso Usa che dovrà destinare due miliardi di dollari per finanziare (anche qui «a lungo termine») le forze alleate: il primo miliardo andrà direttamente all’Ucraina, il secondo ai Paesi confinanti. Finora gli Stati Uniti hanno investito 14,5 miliardi di dollari dall’invasione russa, come sottolinea non a caso la stampa tedesca.
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